Il Cubo di Werther

Al Valle d'Itria la riproposta della versione del Werther che Massenet approntò per il baritono Battistini: altra operazione culturale dagli esiti controversi. Bella la regia di Bernard.

Recensione
classica
Festival della Valle d'Itria Martina Franca
Jules Massenet
25 Luglio 2003
Ha senso ripresentare al pubblico la versione di un classico del melodramma riscritta dall'autore per un suo interprete, quando quella voce e quella tradizione di canto sono scomparsi? Abbiamo le note riscritte da Massenet ma non la tecnica di Battistini, frutto della formazione all'antica scuola belcantistica che permetteva perfetto legato, grande estensione, sapienza nella respirazione, canto sul fiato. A Luca Grassi era dunque affidato l'arduo compito di 'ricreare' quel preciso 'Werther baritono', raffinato, cangiante, sospeso tra il lirismo del I atto (il sognatore) e la corposità del III (l'amante). L'operazione, nonostante le indubbie doti di Grassi, ha condotto verso un eccessivo incupimento della partitura cui troppo mancava la lucentezza del registro tenorile. Altro elemento di difficoltà per l'ascoltatore è stata la 'distanza' della voce di Carlotta: per indisposizione Maria Miccoli si è infatti limitata a recitare sul palco – la sua voce era rimpiazzata dalla brava (e coraggiosa) Eufemia Tufano seduta in orchestra. La brillante e preziosa orchestrazione di Massenet non sempre trovava rispondenza nelle scelte direttoriali di Jean Luc Tingaud (poca omogeneità negli impasti timbrici), per la prima volta a Martina Franca. Accattivante la regia di Arnaud Bernard con le scene di Domenico Franchi, immagini allusive disposte sulle facce di un cubo rotante, dentro al quale si accedeva tramite sagome umane-porte: un occhio che scruta dal buco della chiave (Werther voyeur nei confronti del mondo esterno?), fogliame (il giardino del I atto), una rosa rossa (la passione), frutta marcia (il matrimonio con Alberto?), un busto (le costrizioni sociali che vincolano Carlotta) e, alla fine del dramma, un cielo azzurro che tappezza l'interno del cubo – metafora della mente solipsistica di Werther? – mostrato solo a suicidio avvenuto (cielo=libertà ottenuta nella morte e premiata dal tanto agognato bacio). Werther dunque come spettro che canta e si muove attorno a personaggi immobili e mascherati, o che appare come il fantasma di Amleto alle spalle di Carlotta. Comunque sempre alla ricerca di un 'altrove' da identificare forse in quella sfera rossa che, bramata dal protagonista nella pantomima che accompagna l'Ouverture, è poi ottenuta da un bimbo poco prima di spirare. Contrastanti i pareri di un pubblico corretto e paziente. Le repliche il 27 e il 29 luglio.

Interpreti: Luca Grassi, Eufemia Tufano, Gabriele Spina, Domenico Colaianni, Salvatore Cordella, Gianfranco Cappelluti, Rosita Ramini, Juraj Nociar, Eva Katrencinova

Regia: Arnaud Bernard

Scene: Domenico Franchi

Costumi: Domenico Franchi

Orchestra: Orchestra Internazionale d'Italia

Direttore: Jean-Luc Tingaud

Coro: Coro di voci bianche del festival della Valle d'Itria

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