Un flauto incantato
Colin Davis si rivela il vero mago nella nuova produzione del Flauto magico alla Royal Opera House, dominata dalla Regina della notte di Diana Damrau e dalla Pamina di Dorothea Roschmann.
Recensione
classica
Al di là della facciata di favola morale, Il flauto magico presenta un testo complesso, di cui la simbologia massonica e rosacrociana, spesso messe in evidenza, costituiscono solo un livello. Ma vi sono anche la psicologia dei personaggi, raramente esplorata, o il mondo misterioso in cui si muovono, o le dinamiche sociali che esprimono. La vicenda, forse a causa dei limiti del librettista, che sembra preoccupato più di muovere l'azione attraverso i passaggi obbligati degli ideali filosofici che si propone di presentare, piuttosto che spiegarla, lascia in sospeso molte domande, lasciando spazio ad una certa ambiguità che sembra aprire la possibilità ad infinite chiavi di lettura. La nuova produzione di David McVicar per la Royal Opera non sembra tuttavia interessata ad esplorare dimensioni nascoste, ma mette in risalto l'aspetto squisitamente teatrale della favola, presentando nel primo atto un mondo incantato che è però popolato da macchinari, danzatori e burattinai. La scena si apre con Tamino letteralmente circondato da un enorme serpente, che ricorda i draghi del capodanno cinese, mosso da un gruppo di danzatori; Papageno è messo in difficoltà da una delle sue prede, una marionetta con un considerevole temperamento; e i tre fanciulli arrivano su un carro alato che non fa nessuno sforzo per celare la propria natura di macchina teatrale. La sensazione che McVicar non voglia farci dimenticare di essere in teatro è rinforzata dalla scena, una prospettiva di marmo nero con quinte fisse, in cui si inseriscono i fondali disegnati di John Macfarlane. Purtroppo la produzione sembra perdere direzione verso la fine del primo atto, ed una certa letteralità, insieme all'ecclettismo stilistico della regia, contribuiscono ad un crescente senso di noia visiva. La magia perdura grazie all'interpretazione di un cast vocale che produce una performance di altissimo livello. Prima di tutti Diana Damrau, una regina della notte da brivido, che padroneggia un registro estremo risonante e perfetto, permettendosi anche di giocare con le dinamiche. Franz-Josef Selig la contrasta all'estremo opposto con un Sarastro imponente e maestoso, mentre Dorothea Röschmann è una Pamina allo stesso tempo deliziosa e drammaticamente forte, con un timbro corposo su tutto il registro, usato con grande musicalità. Will Hartmann è più che convincente nei panni di Tamino, mentre Simon Keenlyside è un Papageno divertentissimo, e produce una performance a dir poco atletica. Secondari di lusso, con Thomas Allen nel ruolo del guardiano del tempio, Gilllian Webster, Christine Rice e Yvonne Howard in quelli delle tre dame, e Adrian Thompson in quelli decisamente scomodi di un Monostatos con qualche chilo di troppo. Degna di nota è anche la Papagena di Ailish Tynan, un membro del programma Vilar per giovani artisti, al suo debutto. Ma la serata appartiene a Colin Davis, che alla guida dell'Orchestra della Royal Opera House ancora una volta si dimostra mozartiano d'eccellenza: una scelta di tempi perfetta ed un accompagnamento sensibile alle più sottili nuances della linea vocale sono gli elementi che permettono a questo flauto di rimanere magico per tutta la serata.
Interpreti: Diana Damrau, Franz-Josef Selig, Dorothea Röschmann, Simon Keenlyside, Will Hartmann
Regia: David McVicar
Orchestra: Orchestra della Royal Opera House
Direttore: Colin Davis
Coro: Coro della Royal Opera House
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