Un trionfo minimalista
Il ritorno di Eaglen all'English National Opera è segnato da una incisiva produzione del lavoro che per la sua potenza drammatica aveva affascinato Wagner e Berlioz.
Recensione
classica
Negli anni '80 il soprano Jane Eaglen aveva incominciato la carriera come membro dell'English National Opera durante un periodo particolarmente felice per la compagnia londinese che, diretta dal triumvirato costituito da Peter Jonas, Mark Elder e David Poutney, aveva rivoluzionato la vita operistica della capitale inglese raggiungendo considerevoli livelli artistici. Forse in un tentativo nostalgico di ricreare quegli anni, o forse per celebrare un fenomenale talento che da allora si è lanciato in una carriera internazionale, la presente direzione artistica ha deciso di rispolverare una inusuale pagina del repertorio, che viene presentata raramente, tra l'altro per le considerevoli difficoltà vocali della parte principale. Questa nuova produzione de La vestale di Spontini è un stata appositamente pensata per celebrare il ritorno di Eaglen a ENO, ma non sembra soffrire di questa circostanza, come a volte accade. La regia di Francesca Zambello fa dei limiti del lavoro una virtù, utilizzando a proprio vantaggio la staticità tipica di questa tragedie lyrique. Zambello e la sua scenografa, Alison Chitty, trasferiscono idealmente l'azione alla prima metà del Novecento, ma solo per quanto riguarda i costumi e le coreografie dei balletti alla fine del primo e terzo atto. La scena è fissa e spoglia, una piattaforma circolare che occupa tutto il palcoscenico (vagamente reminiscente delle produzioni di Wieland Wagner a Bayreuth), e che rinforza il senso dell'unità di luogo ed azione; sovrastata da un anello di metallo, all'interno di cui viene calato il braciere contenente il sacro fuoco di Vesta, nel terzo atto si trasforma in un anello di pietre megalitiche in cui viene compiuto il sacrificio. In questo spazio Zambello muove il coro secondo linee concentriche, una modalità ritualistica rinforzata da una gestualità coreografata 'à la Peter Sellars'. Grande impatto hanno anche le luci di Rick Fisher, che definiscono l'atmosfera con colori brillanti e con un uso quasi cinematografico del controluce, che proietta ombre multiple sullo sfondo, rinforzando l'impatto drammatico di un'azione che è mantenuta ai minimi termini. L'apparente staticità della scena è contrastata in maniera dinamica dalla spinta e dalla tensione musicale proiettata dall'orchestra sotto la guida di David Parry, che affronta la partitura con grande attenzione al colore orchestrale, e presta particolare cura al fraseggio degli archi, ottenendo risultati stilisticamente e drammaticamente efficaci, che giustificano pienamente l'ammirazione che Berlioz e Wagner avevano per questa partitura, uno dei maggiori successi della prima metà dell'Ottocento. Nel ruolo principale Jane Eaglen è ineccepibile, per quanto a volte poco espressiva, e non sempre efficace nel proiettare il testo, specialmente nelle aree più ingrate della tessitura. John Hudson le è pari nel ruolo di Licinio, pur soffrendo nel registro più baritonale. Paul Nilon è convincente nel ruolo di Cinna, e Ann Marie Owens promuove la parte della Grande Sacerdotessa a protagonista, fornendone un ritratto complesso e sottolineandone il conflitto interiore tra dovere e affetto. Meno soddisfacente la prestazione di Gerard O' Connor, il cui basso è carente a tratti della potenza e incisività richiesta dal ruolo del Pontefice Massimo. Una menzione merita anche il coro dell'English National Opera, che in un lavoro per gran parte corale ha contribuito non poco a fare di questa Vestale un successo inaspettato in una stagione che fino ad ora si era purtroppo rivelata al di sotto delle aspettative.
Interpreti: Eaglen, Hudson, Nilon, Owens
Regia: Francesca Zambello
Scene: Alison Chitty
Costumi: Alison Chitty
Orchestra: English National Opera
Direttore: David Parry
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