Contaminazioni in salsa di "pummarola"

Dal recupero musicologico di un farsa di Paisiello, uno spettacolo gradevole che ruota intorno ai miti antichi e moderni della napoletanità grazie alla regia di Davide Livermore. Spigliata e convincente la realizzazione musicale della Cappella della Pietà dei Turchini

Recensione
classica
Autunno Musicale Napoletano Napoli
Giovanni Paisiello
27 Settembre 2001
Ancora una dimostrazione, qualora ce ne fosse bisogno, che il ricorso alla filologia, alla prassi esecutiva e agli strumenti antichi può essere tutt'altro che una pratica archeologica per addetti ai lavori, viene dal gradevolissimo esito del Pulcinella vendicato nel ritorno di Marechiaro di Paisiello, portato di nuovo in scena dopo oltre due secoli di dimenticanza dalla Cappella della Pietà dei Turchini diretta da Antonio Florio. L'allestimento - coprodotto dal San Carlo, dal Conservatorio S. Pietro Majella e dal Centro di Musica Antica - nasce sulla scorta del 'caso' sollevato dal musicologo Alessandro Lattanzi, le cui ricerche hanno condotto ad assegnare a Paisiello la paternità della partitura conservata nella biblioteca del Conservatorio di Napoli. Si tratta dell'unico manoscritto completo pervenutoci di questa farsa in un atto, il cui testo fu concepito da Francesco Cerlone intorno al 1765 e utilizzato poi come quarto atto della sua commedia per musica L'osteria di Marechiaro, tanto fortunata da essere musicata due volte, prima da Giacomo Insanguine e poi appunto da Paisiello, nell'arco della stagione 1769-70 del Teatro dei Fiorentini. Su un libretto che mescola buffamente dialetto e linguaggio aulico dell'opera seria, mettendo al centro della scena il consueto, esile intreccio di coppie appartenenti a ceti sociali diversi (Pulcinella-Carmosina da un lato, Don Camillo-Claudia dall'altro) la musica si stende in modo quasi spontaneo, senza sperimentalismi o geometrie compositive di sorta, con talune attuazioni felici come il duetto d'apertura tra Pulcinella e Carmosina , la canzonetta a tre "Donzellette semplicette" o il quartetto 'Uh che bampa!'. Lo spettacolo presentato ieri al Bellini porta il segno garbato ma decisivo di una regia, quella di Davide Livermore, che gioca spiritosamente con gli stereotipi di una napoletanità metastorica servendosi bene delle scene essenziali di Santi Centineo e dei costumi fantasiosi di Giusi Giustino. Attorno ad un Vesuvio fatto di grandi scatole di pomodoro che nel finale si rovesciano sul palcoscenico, si affacciano e si mescolano - in una contaminazione costante che strizza un po' l'occhio all'iconografia "trash" di Tano da morire - altarini a San Gennaro, un somaro con la maglia di Maradona, costumi che rimandano a pizze, mandolini, caffè e pummarole. La realizzazione musicale curata e diretta da Florio è spigliata e convincente, e pone nel giusto risalto gli elementi popolareschi del testo, soprattutto grazie all'efficace concertazione del basso continuo in cui sostengono una parte importante chitarre e colascioni. I componenti della compagnia di canto appaiono nel complesso tutti a loro agio nelle rispettive parti e accanto ai due bravissimi protagonisti, un Pino De Vittorio-Pulcinella e una Roberta Invernizzi-Carmosina che sprizzano verve teatrale da tutti i pori, le buone doti vocali di Maria Ercolano nel ruolo di Claudia risultano particolarmente apprezzate da un pubblico che si diverte molto e che alla fine dispensa applausi calorosi per tutti.

Note: all. in collaborazione con il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli e con il Centro di Musica Antica della Cappella della Pietà dei Turchini

Interpreti: De Vittorio, Invernizzi, Ercolano, Totaro, Naviglio, Schiavo, Andalò, Di Fraia

Regia: Davide Livermore

Scene: Santi Centineo

Costumi: Giusi Giustino

Orchestra: Orchestra barocca Cappella della Pietà de' Turchini

Direttore: Antonio Florio

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