Un calcio all'Inno
Grillo anti-gioia e Mundial al San Carlo
Recensione
classica
Mesi fa mi capitò di leggere una bella intervista a Riccardo Muti, il quale usava parole molto severe a proposito di Beppe Grillo, giudicandolo volgare e pericoloso. Non voglio entrare nel merito di questioni politiche che investono sensibilità diverse, anche perché conosco persone stimabili e per bene che votano Grillo e ne condividono, in parte o in toto, le idee e i progetti.
Ma leggere quei giudizi e quelle parole, da parte di un musicista grandissimo che – da anni, e in maniera autentica, generosa e antiretorica – si batte davvero per difendere la cultura in Italia, mi fece un enorme piacere, e rappresentò un conforto prezioso.
Mi sono imbattuto, in questi giorni, nelle sconclusionate dichiarazioni di Grillo a proposito dell’Inno alla Gioia e ho ripensato a quelle parole di Muti.
Secondo Grillo l’inno europeo andrebbe abolito perché usato da dittatori sanguinari. Magari, perché no, espungendolo pure dalla "Nona Sinfonia" di Beethoven, che diventerebbe la "Sinfonia n. 8 e mezzo"? Il fatto che Grillo lo chiami “inno della gioia” non è casuale: la superficialità, il pressapochismo e lo spregio della cultura sono diffusissimi da un bel po' nel panorama nazionale. Chissà, forse il nostro lo confonde con “ciao, bella gioia”, usato da Renato Pozzetto negli anni Ottanta, certamente più vicino alle sue coordinate culturali. E invece le parole sono importanti, perché sottendono significati e mondi non intercambiabili.
Che la situazione italiana sia preoccupante è confermato – oltre che dalle difficoltà in cui versa la musica colta, finanziata poco e male – da altri segnali, come quello del San Carlo; grande, storico Teatro in cui si possono seguire le partite del mondiale su maxischermo, perché – diamine – ci si deve aprire al mondo e perché - parola dei responsabili di questa amenità - sport e musica sono simili, in quanto entrambi attività di squadra. Un sondaggio del "Corriere della Sera", peraltro, promuove detta iniziativa perché la maggioranza dei votanti le è favorevole. Non serve, specie in questo periodo, cercare a tutti i costi il conforto della maggioranza, non abbiamo bisogno di sapere cosa sia giusto e cosa sbagliato sottoponendo ogni cosa a un sondaggio. E anzi, proprio in un momento come questo, sarà necessario intensificare sforzi e energie di ogni tipo per resistere alla stupidità e alla ignoranza dilaganti. Ho già scritto che siamo in guerra, una volta. E purtroppo la guerra non è finita.
Ma leggere quei giudizi e quelle parole, da parte di un musicista grandissimo che – da anni, e in maniera autentica, generosa e antiretorica – si batte davvero per difendere la cultura in Italia, mi fece un enorme piacere, e rappresentò un conforto prezioso.
Mi sono imbattuto, in questi giorni, nelle sconclusionate dichiarazioni di Grillo a proposito dell’Inno alla Gioia e ho ripensato a quelle parole di Muti.
Secondo Grillo l’inno europeo andrebbe abolito perché usato da dittatori sanguinari. Magari, perché no, espungendolo pure dalla "Nona Sinfonia" di Beethoven, che diventerebbe la "Sinfonia n. 8 e mezzo"? Il fatto che Grillo lo chiami “inno della gioia” non è casuale: la superficialità, il pressapochismo e lo spregio della cultura sono diffusissimi da un bel po' nel panorama nazionale. Chissà, forse il nostro lo confonde con “ciao, bella gioia”, usato da Renato Pozzetto negli anni Ottanta, certamente più vicino alle sue coordinate culturali. E invece le parole sono importanti, perché sottendono significati e mondi non intercambiabili.
Che la situazione italiana sia preoccupante è confermato – oltre che dalle difficoltà in cui versa la musica colta, finanziata poco e male – da altri segnali, come quello del San Carlo; grande, storico Teatro in cui si possono seguire le partite del mondiale su maxischermo, perché – diamine – ci si deve aprire al mondo e perché - parola dei responsabili di questa amenità - sport e musica sono simili, in quanto entrambi attività di squadra. Un sondaggio del "Corriere della Sera", peraltro, promuove detta iniziativa perché la maggioranza dei votanti le è favorevole. Non serve, specie in questo periodo, cercare a tutti i costi il conforto della maggioranza, non abbiamo bisogno di sapere cosa sia giusto e cosa sbagliato sottoponendo ogni cosa a un sondaggio. E anzi, proprio in un momento come questo, sarà necessario intensificare sforzi e energie di ogni tipo per resistere alla stupidità e alla ignoranza dilaganti. Ho già scritto che siamo in guerra, una volta. E purtroppo la guerra non è finita.
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