Taglietti per Rousseau
A Pescara il 22 settembre
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Nel tricentenario della nascita di Rousseau, la città di Pescara e un pool di istituzioni musicali e culturali ha dedicato all'anniversario una rete di iniziative spalmata sul'intero anno solare, e tra queste spicca la prima assoluta di La serva padrona, opera da camera di Stefano Taglietti che mantiene l'organico vocale-teatrale dell'omonimo intermezzo pergolesiano liofilizzando lo strumentale al solo clavicembalo (l'interprete sarà Massimo Salcito, anima del complessivo progetto-Rousseau). L'opera è stata commissionata da Ivan Fedele, direttore artistico dell'Accademia Musicale Pescarese (presso la quale sarà eseguita il 22 settembre), che la produrrà insieme al Conservatorio 'D'Annunzio' di Pescara. Ad onta del titolo, e della sempre più diffusa 'palintestualità' (per riprendere una categoria di Genette) in musica, questa in realtà non è una riscrittura musicale: la parentela con l'opera di Pergolesi risiede solo nel testo librettistico - firmato da Chiara Coppa Zuccari - che è una 'storia parallela' rispetto a quella dell'originale settecentesco di Federico, riformulandone la lettera (ed ignorandone la rigida articolazione in recitativi o arie, in favore di un continuo dialogo tra Uberto e Serpina), ma lascandone in sostanza inalterato il percorso narrativo. Quale, allora, il legame con Rousseau, che notoriamente esaltava lo stile italiano come il più vicino a una naturale musicalità della lingua? «Evitando di citare quella di Pergolesi - ci risponde Taglietti, 47enne romano dalla poetica particolarmente trasversale e insieme sperimentale - la musica terrà conto dell'analisi che Rousseau ne fa all'interno della famosa 'querelle des bouffons' per cui, con argomenti filosofici, poetici e anche tecnici (essendo lui anche un compositore), vi individua caratteri di musicalità che stanno anzitutto nel ritmo e nella teatralità della parola cantata, comprendendovi i suoi tratti comici e sarcastici. Non ho avuto remore a confrontarmi con tale impianto estetico attraverso la musica, poiché (anche nella mia più radicale) ho sempre cercato la cantabilità, e in questo frangente mi interessa centrare un registro espressivo 'buffo' che la musica contemporanea - con i suoi materiali prevalentemente dissonanti - ha in genere eluso. Anche per questo, ho recuperato nella scrittura un riferimento alla modalità. Trattandosi di un'opera da camera, agli interpreti saranno prescritti gesti e atteggiamenti che, senza portare a una vera 'messa in scena', aiuteranno a porgere la traccia drammatica».
Alessandro Mastropietro
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