L’opera al tempo del Corona Virus
Il Teatro Comunale di Bologna potrebbe trasferirsi al Palasport
Se i concerti strumentali sono ormai riavviati a pieno ritmo, con gli esecutori rigorosamente distanziati e gli spettatori limitati a pochissime centinaia, la vita è più grama per i cantanti d’opera, produttori seriali di droplets.
Per il primo concerto lirico, a Bologna, con Veronica Simeoni e Roberto Aronica (15 luglio) il Teatro ha tenuto a sottolineare che Sansone e Dalila erano autorizzati a strusciarsi durante il duetto d’amore perché compagni nella vita. Il giorno seguente, nell’esibizione della Scuola dell’Opera, abbiamo assistito alla prima “regia Covid”: il “Nodo avviluppato” della Cenerentola rossiniana è stato simpaticamente agito in un gioco di mascherine attorno al dispenser di un disinfettante.
Ma l’opera rappresentata richiederà ben altri virtuosismi. Nei giorni della clausura, fra i tanti video scherzosi che ti arrivavano su WhatsApp, c’erano Tosca e Cavaradossi che si baciavano attraverso una lastra di plexiglass. La fantasia dei registi d’opera potrà finalmente scatenarsi!
Ma gli spazi? Dal Comune di Bologna, l’assessore alla cultura Matteo Lepore annuncia che in settembre il Teatro Comunale si trasferirà al PalaDozza, lo storico palasport nel centro della città. Il momento è ideale, giacché Virtus e Fortitudo avevano già deciso di trasferire il basket in due strutture più moderne e capienti, ai margini della città.
Il sovrintendente del teatro Fulvio Macciardi frena l’entusiasmo: ad oggi si tratterebbe solo di un’ipotesi... Ma intanto la camera acustica dei concerti sinfonici è stata traslocata per le necessarie verifiche tecniche e acustiche. E attorno al settecentesco Teatro Comunale è partito il cantiere per la riqualificazione dell’edificio prevista da tempo.
Di concerti illustri, quel piccolo Madison (come lo chiamano i bolognesi) eretto nel 1956 ne ha già visti parecchi, da Pavarotti ad Abbado. Ma si era sempre trattato di eventi isolati. L’opera richiede ben altre infrastrutture. L’esperienza in Italia comunque non manca: dal secolo scorso, il Rossini Opera Festival ha occupato a Pesaro due importanti palasport, con ottimi risultati sonori e visivi.
Nel PalaDozza bolognese si prevede l’accesso di 1000 spettatori distanziatissimi, cifra equiparabile alla capienza della sala teatrale a pieno regime, costretta oggi dalle restrizioni sanitarie a non accogliere più di 200 persone. E potrebbe allora essere perfino un’occasione per acquisire fasce di pubblico che non sono mai entrate nell’austera sala del Bibiena.
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