La prossima stagione di Santa Cecilia, l’ultima di Pappano
Annunciato il programma del 2022/2023
«Sarà una stagione di riapertura e di consolidamento. Dopo lo spaesamento degli anni del covid dobbiamo coltivare il pubblico e rassicurarlo con la qualità degli interpreti e l’interesse delle musiche in programma»: così ha esordito Il presidente-sovrintendente Michele Dall’Ongaro nel presentare la stagione 2022/2023 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’ultima – com’era già noto da qualche mese – di Antonio Pappano come direttore musicale. Non sarà però un addio, perché dall’autunno del 2023 il maestro anglo-italiano diventerà direttore emerito dell’orchestra romana. Per l’inaugurazione della prossima stagione, il 18 ottobre, dirigerà Elektra di Richard Strauss. «Amo moltissimo quest’opera - dice Pappano - ma tutte e tre le volte che è stata messa in cartellone dalla Royal Opera House di Londra, nei venti anni che ne sono stato il direttore musicale, ho gentilmente lasciato il podio ad un direttore che doveva fare il suo debutto al Covent Garden e ci teneva a dirigere Elektra. Questa volta finalmente ho l’occasione di dirigerla io». Pappano tornerà sul podio per altri sette dei ventotto programmi (ognuno ripetuto nei giorni di giovedì, venerdì e sabato) della stagione sinfonica in abbonamento. Nel suo intervento alla conferenza stampa Pappano ha tenuto a sottolineare particolarmente, tra i molti titoli che dirigerà, la nona e la settima sinfonia di Bruckner, la settima di Mahler e la decima di Šostakovič, che è stato il primo pezzo da lui diretto a Santa Cecilia e che sarà l’ultimo del suo ultimo concerto come direttore stabile, il 13 aprile: «Così – ha detto – si chiude il cerchio».
Tre concerti spettano al direttore ospite principale Jakub Hrůša, che in un suo intervento video preregistrato ha sottolineato che dedicherà il primo a compositori tedeschi (Weber, Schumann, Beethoven), il secondo a compositori cechi (Dvorak e Janacek) e il terzo a un tedesco (R. Strauss) e a un ceco (Martinu). Saranno due i concerti di Daniele Gatti, che nel primo dirigerà l’Elias di Mendelssohn e nel secondo le musiche di Čajkovskij e Prokof’ev ispirate a Romeo e Giulietta di Shakespeare.
Tutti gli altri direttori dirigeranno un solo programma a testa. Sono Kazuki Yamada (Sinfonia n. 2 di Mendelssohn), Myung-Whun Chung (terza e quarta sinfonia di Brahms), Manfred Honeck (programma interamente mozartiano), Jurai Valčuha, Pablo Heras Casado (Sinfonia di Berio eSinfonia di Salmi di Stravinskij), Tugan Sokhiev (il russo che si è dimesso per protesta dall’incarico di direttore musicale del Teatro Bolshoi di Mosca: per ironia della sorte è originario dell’Ossezia, come l’ultrà putiniano Gergiev), Markus Stenz (con Rach 3, una presenza fissa nei concerti di Santa Cecilia, che sarà suonato questa volta dall’ennesimo giovane virtuoso russo dalle dita d’acciaio, Andrej Korobeinikov: sia il direttore che il pianista debuttano a Santa Cecilia), Mirga Grazynite-Tila (l’unica donna sul podio nella stagione, dirigerà la prima italiana del Concerto n. 3 per pianoforte di Magnus Lindberg, finlandese come lei: solista d’eccezione Yuja Wang), Sakari Oramo e infine Jérémie Rhorer (un altro debutto). Nel concerto di Natale Stanislav Kochanovsky dirigerà le rare musiche di scena di Čajkovskij per La fanciulla di neve. Un caso a sé è Thomas Adès, che non è propriamente un direttore ma un compositore che dirige, e anche bene: presenterà in prima esecuzione per l’Italia il suo Paradiso, ispirato a Dante (invece nel 2021 era in programma l’Inferno).
Pochi i direttori italiani, ma relativamente più numerosi del solito: oltre al già citato Gatti, sono Gianandrea Noseda (programma americano: Gershwin, Bernstein e la Sinfonia in tre movimenti di Stravinskij, che è musica americana in quanto scritta a Hollywood), Fabio Biondi (Vivaldi) e Antonello Manacorda, debuttante a Santa Cecilia (prima esecuzione assoluta del Concerto per clarinetto di Michael Nyman, solista Alessandro Carbonare, inserito tra Strauss e Schubert).
Si è lasciato per ultimo Herbert Blomstedt, perché merita veramente un posto a parte: è sempre stato un grande direttore ma ora, a novantacinque anni, ha raggiunto uno stato di grazia miracoloso, come testimonia la sua interpretazione non meno che meravigliosa - e commovente fino alle lacrime - della Sinfonia n. 5 di Bruckner con l’orchestra romana, purtroppo eseguita a porte chiuse l’anno scorso e trasmessa in streaming. Dirigerà Schubert e ancora una volta Bruckner, la Sinfonia n. 4: assolutamente da non perdere
Quanto alle musiche in programma, si nota una maggiore varietà rispetto alle ultime stagioni. Continuano a predominare gli autori più noti ed amati (talvolta con composizioni di non frequente esecuzione) però si avverte anche una maggiore attenzione a compositori che sicuramente non possono più essere più definiti moderni, perché sono nati nell’Ottocento o nei primi anni del Novecento, che potrebbero risvegliare l’attenzione degli ascoltatori più curiosi, senza però rischiare di spaventare il pubblico più tradizionalista: se ne sono citati alcuni, ma ci sono anche Skrjabin, Holst (con i suoi famosissimi, in Gran Bretagna, Pianeti), Kodaly, Poulenc, Weinberg. Non mancano le prime esecuzioni assolute e italiane: di alcune si è già detto, ma bisogna aggiungere che nel suo ultimo concerto Pappano dirigerà la prima assoluta di Dosàna nova di Claudio Ambrosini, già in programma quest’anno ma rinviata a causa del covid.
Quanto ai solisti, ritorna Martha Argerich con uno dei suoi cavalli di battaglia, il Concerto in sol di Ravel. Stefano Bollani suona il Concerto per due pianoforti di Poulenc in duo con Joo Hyung-ki. Beatrice Rana sarà “artista in residenza” e suonerà i concerti per pianoforte dei due Schumann, quello rarissimo di Clara (mai eseguito prima a Santa Cecilia) e quello notissimo di Robert. Inoltre suonerà in duo pianistico con Antonio Pappano nella stagione da camera. Questo ci dà il destro di passare ai diciotto concerti cameristici, che inizieranno il 27 ottobre col concerto del Coro e dei percussionisti di Santa Cecilia diretti da Piero Monti (Stravinskij e Varèse). I musicisti dell’orchestra formeranno anche un piccolo ensemble per eseguire una vertice della storia della musica qual è l’Arte della fuga di Bach e un’orchestra d’archi per un concerto diretto da Luigi Piovano.
Come sempre ci sarà un’impressionante parata di pianisti: in ordine di apparizione sono Alexander Gadjev (l’italiano che lo scorso anno si è aggiudicato il secondo premio al Concorso Chopin di Varsavia), Mikhail Pletnev, Andràs Schiff (un recital a sorpresa, i cui brani saranno annunciati sul momento da lui stesso), Igor Levit (le ultime tre sonate di Beethoven), Evgeny Kissin, Jan Lisiecki (un “tutto Chopin”), Piotr Anderszewski e Grigory Sokolov, che chiuderà la stagione cameristica il 3 aprile. Non mancheranno almeno un violoncellista (Mario Brunello, con gli ultimi due concerti del suo “Progetto Bach”), un violinista (Leonidas Kavakos), un quartetto d’archi (Pavel Haas Quartet) e, dopo molti anni, anche un liederista (Julian Prégardien).
È una quantità di concerti in cui è facile sperdersi. Ma non è finita qui. Ci sono anche le tournée dirette da Pappano, che così quasi raddoppia le sue presenze sul podio dell’orchestra ceciliana. Si inizia il 10 luglio con il concerto conclusivo del festival di Spoleto. Il 13 e 14 novembre due concerti a Madrid (uno dei quali con la violinista Lisa Batiashvili) e dopo il ritorno in Italia subito a Siena, a Rimini e alla Scala di Milano con due sinfonie incompiute, quelle di Schubert e di Bruckner. Seguirà una tournée con Martha Argerich dal 22 gennaio al 5 febbraio, che toccherà sette delle più prestigiose sale europee, alcune di antica tradizione (il Konzerthaus di Vienna) e altre progettate da famose archistar dei nostri giorni (gli auditorium di Monaco di Baviera, Francoforte, Essen, Amburgo, Parigi e Lussemburgo). Poi di nuovo in Italia, a Ferrara (dove dirigerà Chung: è l’unico concerto fuori sede non diretto da Pappano) e a Brescia. Ed è in gestazione la Sinfonia n. 3 di Mahler al festival di Spoleto a luglio del 2023.
E per finire una grande notizia. Nel 2024 l’Orchestra e il Coro dell’Accademia di Santa Cecilia saranno i complessi “residenti” del Festival di Pasqua di Salisburgo - fondato nel 1967 da Herbert von Karajan - che negli anni ha visto succedersi come orchestre residenti prima i Berliner Philharmoniker e poi la Staatskapelle di Dresda, ovvero le due migliori orchestre tedesche. Ebbene, nel 2024 saranno i complessi di Santa Cecilia ad accollarsi questa gravosa eredità. Quindi dal 23 marzo al 1° aprile del 2024 l’Orchestra e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretti da Antonio Pappano eseguiranno a Salisburgo un’opera in forma scenica, un concerto sinfonico-corale e un concerto sinfonico (un altro concerto sinfonico sarà diretto dal direttore ospite principale Jakub Hrůša), ognuno dei quali sarà proposto due volte nell’arco di dieci giorni.
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