Il protocollo d'intesa sul jazz italiano, finalmente

La Federazione del Jazz Italiano sigla un importante protocollo d'intesa con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali

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La Federazione del Jazz Italiano sigla un importante protocollo d'intesa con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali
Foto di Emiliano Marchionni

La firma di un importante Protocollo d’Intesa tra il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e la neonata Federazione del Jazz Italiano, per la promozione della cultura jazzistica nel nostro paese.

Si potrà dire qualsiasi cosa della legislatura che si sta chiudendo in queste settimane e si potrà pensarla come si vuole sull’operato di Dario Franceschini come Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, ma di certo mai come in questi anni il jazz è riuscito a trovare una felice interlocuzione con le Istituzioni.

 Se solo pensiamo che nel 2012 – mica secoli fa – l’allora Ministro Ornaghi finì al (dis)onore delle cronache per una presunta dichiarazione secondo cui il jazz non sarebbe stato “espressione diretta della cultura italiana”, il fatto che in questo ultimo quadriennio ci sia stata da parte del Ministero una costante attenzione alle vicende jazzistiche di casa nostra è un elemento di rilievo e soddisfazione.

A suggello di questa interlocuzione è giunta ora la firma di un importante Protocollo d’Intesa con la neonata Federazione del Jazz Italiano per la promozione della cultura jazzistica nel nostro paese. 

La Federazione raduna le quattro principali associazioni del settore, quella dei festival (I-Jazz), quella dei musicisti (MIDJ), oltre alle recenti associazioni delle etichette discografiche indipendenti (ADEIDJ) e dei club (Italia Jazz Club) ed è presieduta da Paolo Fresu, artista che si è molto speso in questi anni, grazie all’ottimo rapporto con Franceschini, per dare voce alle categorie. 

Al centro del Protocollo d’Intesa c’è, come recita il comunicato stampa, “l’impegno reciproco nel perseguire obiettivi strutturali che vadano a implementare la conoscenza  della cultura jazzistica – riconosciuta quale patrimonio comune e momento di crescita del pubblico e dei musicisti- e ne promuovano o sviluppo e la crescita costante”.

«Impegno reciproco nel perseguire obiettivi strutturali che vadano a implementare la conoscenza  della cultura jazzistica – riconosciuta quale patrimonio comune e momento di crescita del pubblico e dei musicisti – e ne promuovano o sviluppo e la crescita costante».

Tra gli obiettivi evidenziati dal Protocollo firmato a Roma ci sono l’incentivazione e la tutela del valore culturale e educativo del jazz; la continuità al cosiddetto “Bando Franceschini” che in questi ultimi due anni ha riservato risorse ministeriali specificamente al jazz; l’istituzione di una Giornata del Jazz italiano che dia seguito a quanto fatto a L’Aquila e Amatrice nelle emergenze di questi anni; la promozione di progetti di sistema con le Amministrazioni Locali e con il turismo e via via altri incentivi e iniziative possibili a sostegno del jazz nel nostro paese.

Un risultato che premia un percorso, per niente facile e spesso accidentato da una endemica sfiducia di molti musicisti e operatori nei confronti delle esperienze di associazionismo, in cui l’impegno di I-Jazz e di MIDJ, dei rispettivi presidenti Gianni Pini e Ada Montellanico, è stato fondamentale. 

Un punto di arrivo di un percorso che in realtà è solamente un punto di partenza, perfettibile e opinabile come tutto, ma da non sprecare. 

 

Lo meritano le persone che si sono impegnate un po’ against all odds (come si suol dire) per raggiungere questi obbiettivi e per dare al nostro “sistema jazz” un primo tentativo di assetto “europeo” – forse inutile ricordare che molte altre nazioni sono già attrezzate e operative da anni in questo senso – lo meritano i Festival, le rassegne e i club che ogni giorno fanno miracoli per programmare in modo strategico (e non possiamo tacere il fatto che negli anni in cui il rapporto con il Ministero finalmente si è fortificato, molte amministrazioni locali hanno, a volte inspiegabilmente, diminuito o sottratto il proprio sostegno agli operatori); lo meritano tutti coloro che lavorano alla filiera, moltissimi dei quali in modo volontaristico; lo meritano infine i musicisti e le musiciste, la cui grande qualità e inventiva non è inferiore a quella dei colleghi europei, ma spesso poco riconosciuta.

Uno di quei momenti in cui l’unica cosa da augurare è: buon lavoro!

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