Addio a Michele Mannucci
È morto il critico e docente, divulgatore del jazz in Italia
L’eloquio facile, sciolto, arricchito da mille ricordi personali e citazioni che mai appesantivano la colta leggerezza dell’esposizione, la scrittura precisa, mai priva di emozione, ma affilata e scelta con un’aggettivazione che evitava la ridondanza, con costante attenzione al dato storico da integrare nella cronaca del fatto.
Così era, nella sua vita professionale Michele Mannucci. Il critico musicale, conduttore radiofonico, collaboratore per lunghi anni del Manifesto, docente di Storia delle musiche afroamericane al Dams, conferenziere, saggista, direttore artistico, ufficio stampa di importanti realtà culturali italiane.
Aveva da poco superato la settantina, è morto improvvisamente nella “sua” Genova dove aveva trovato la sua base ideale, mai rinnegando il suo essere veneto e vicentino. Da diversi anni Michele Mannucci non poteva più scrivere né parlare con la scioltezza che lo aveva sempre contraddistinto: un brutto aneurisma l’aveva provato duramente, senza peraltro togliergli la caparbia volontà di vivere, andare ai concerti, ascoltare e valutare nuove musiche, leggere voracemente in diverse lingue.
Mannucci negli anni Novanta era stato uno dei fondatori della SISMA, la Società per lo studio della musica afroamericana, innovativo ensemble di giornalisti, storici della musica, musicologi che hanno rivoluzionato l’approccio a fonti culturali decisive del Novecento, quasi sempre prima trattate sotto il segno dell'aneddotica e non del rigore e della documentazione.
Non ancora trentenne, allo scorcio degli anni Settanta Mannucci aveva pubblicato per Longanesi, assieme al giornalista Furio Fossati i due volumi I grandi della musica jazz, opera impegnativa in cui per la prima volta il pubblico era messo contatto con una realtà assai più variegata e interessante di quanto si potesse supporre, con l’inclusione di nomi che, allora, erano parte della scena più attuale del jazz.
Era anche il periodo della innovativa Scuola Jazz di Quarto, ospitata nei locali dell’ex Ospedale psichiatrico, in cui Mannucci era docente accanto a figure come Claudio Lugo e Pietro Leveratto.
Nel 1993 ha pubblicato nella serie “Jazz People” di Stampa Alternativa Dizzy Gillespie, l’uomo che fece la rivoluzione sorridendo; nel 1997 ha curato Genova a concerto. 75 anni della Giovine Orchestra genovese, edito da Costa & Nolan, e nel 2000 Ornette Coleman. Dal blues al jazz dell’avvenire. Come direttore artistico aveva portato a Genova al Teatro Carlo Felice musicisti stellari come Sonny Rollins, Keith Jarrett, Art Ensemble of Chicago, Ornette Coleman, Italian Instabile Orchestra, James Carter.
La sua voce allegra e precisa è risuonata in decine di collegamenti, negli anni, con le capitali della lirica e delle note classiche come giornalista e critico per Radiotre. Lascia un patrimonio di ricordi, ma anche un’immensa biblioteca, emeroteca e discoteca, con centinaia di pezzi rari e rarissimi, che ci si augura non vada dispersa.
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