La legge di Murphy
Un Sogno Americano: il ritorno-rimpatriata degli LCD Soundsystem
Il Sogno Americano, addirittura. E con i tempi che corrono, poi, tali da approssimarlo all’Incubo. Eppure James Murphy ha scelto d’intestare così il quarto album del suo soundsystem a cristalli liquidi: primo da This Is Happening (2010) e soprattutto atto ufficiale della ricostituzione, dopo il preambolo dal vivo del 2016 in giro per i festival (“Coachella”, “Primavera Sound”, Glastonbury). L’esperienza insegna a diffidare delle rimpatriate, in genere utili al portafoglio e poco rilevanti artisticamente: perché mai fare eccezione? In fondo la formazione newyorkese aveva vissuto già il proprio momento di grazia, incarnando durante il decennio scorso l’effervescenza che trasudava dalla bohème di Williamsburg. Gentrificato il luogo e smorzatosi il party, ha senso replicare la messinscena? Murphy ne è consapevole e cambia – almeno parzialmente – registro: all’ascolto, American Dream è più rock rispetto ai lavori precedenti, come provano episodi quali “I Used To” e “Call the Police”. E ha umore ombroso anzichenò. Certo, il groove funky di “Tonite” ostenta l’energia dei giorni andati, e anche “Other Voices” fa la sua parte da quel punto di vista (benché le geometrie angolose disegnate da una chitarra elettrica “frippertronica” tendano a indirizzarla altrove).
La sensazione che trapela da questa decina di canzoni non è esattamente festosa, però. Prendiamo quella posta in apertura di sequenza: ballata malinconica in humus sintetico affine ai rari sprazzi “romantici” dei Suicide di Alan Vega. Oppure l’altra che dà titolo alla raccolta: “Al mattino è tutto più chiaro/quando la luce del sole smaschera la tua età”, declama quasi sullo sfondo la voce del capobanda, immersa in una soluzione carica tanto di spleen quanto di elettroni. Lo sguardo di Murphy, ora 47enne, è disincantato (“Non sono più pericoloso come una volta/adesso sono troppo vecchio per farcela”, dice in “Change Yr Mind”, fra souvenir dei migliori Talking Heads), a un passo dal cinismo (“In piedi sulla spiaggia a invecchiare/mi hai lasciato qui con le boccette da svapo” è la folgorante istantanea immortalata fra le pieghe dell’austero mantra post punk di “How Do You Sleep?”). Se musicalmente vale l’analogia con il gruppo di David Byrne, del quale il Soundsystem ha rappresentato in definitiva una versione aggiornata all’era della techno, in termini emotivi sull’opera aleggia l’ombra crepuscolare di David Bowie, nei suoi ultimi anni amico ed estimatore di Murphy. La s’intravede, ad esempio, nel brano conclusivo: “Black Screen”. “Potresti essere ovunque nello schermo nero”, recita un verso, mentre il suono pare voglia emulare l’ambient berlinese di Low o Heroes. Si esce dunque dal Sogno un po’ turbati: stato d’animo adeguato allo spirito dei tempi.