Sakamoto in Italia
Presente e passato insieme
Recensione
classica
La coppia Ryuichi Sakamoto e Alva Noto – protagonisti di una collaborazione che celebra quest’anno i dieci anni di dischi e concerti in duo – sta visitando l’Italia per alcune tappe del loro “S Tour”, prima di approdare in Germania: partiti il 23 da Roma, sono passati per Chieti, Parma – dove li ho ascoltati martedì sera – ieri erano a Torino e infine il 27 a Bologna. Pensando al percorso artistico di Sakamoto viene alla mente un tipo di viaggio libero, ricco di fermate casuali e di alcuni ritorni. È il caso, per esempio, del rapporto di Sakamoto con l’atmosfera musicale tedesca, che oggi si incarna in Noto ma che nasce nel compositore giapponese fin nel periodo di avvio della sua carriera, quando – dopo aver conosciuto la musica dei Beatles, Beethoven e John Cage negli anni di studio presso l'Università d'Arte di Tokio – fonda la Yellow Magic Orchestra, proponendo sperimentazioni elettro-pop nel solco dell'iconografia futurista dei Kraftwerk. Da qui Sakamoto prosegue il proprio percorso artistico, passando per l’esperienza cinematografica, produzioni di raffinato pop elettronico, ambiziose opere multimediali, musica sudamericana, fino all’incontro, appunto, con Alva Noto – al secolo Carsten Nicolai – personalità che ha seguito diversi ambiti artistici, plasmando un genere di performance in bilico tra tensione musicale e progettualità visuale.
La loro musica – dal primo album “Vrioon” fino al recente “Summvs” – si presenta come una rassegna di elaborazioni nelle quali le intuizioni musicali di Sakamoto vengono trattate e reinventate da Noto attraverso diverse manipolazioni, che vanno dall’innesto di pattern timbrici e ritmici alla registrazione e riproposizione cadenzata in tempo reale di cellule melodiche sparpagliate dal pianoforte. Un ascolto lungo il quale, brano dopo brano, emergono i debiti che questo genere di proposta musicale deve riconoscere a certe sperimentazioni del passato: i suoni elettronici campionati ai tempi di Stockhausen e Nono, l’uso del “pianoforte preparato” sdoganato da John Cage, l’ambient music anni Settanta di Brian Eno, effetti visivi geometrici, e così via. Un retaggio che, per chi ha memoria di quella musica, segna questi brani con il gusto uniforme del dejà vu, ravvivato dal maggiore spessore armonico-musicale che affiora di tanto in tanto.
Va comunque considerato, pensando al numeroso pubblico che affollava la sala, che artisti come Sakamoto e Noto appartengono a una scena musicale contemporanea che mescola senza soluzione di continuità l'elettronica al drone, la computer music all’ambient, il jazz al post-rock. Tante etichette – ma ce ne sarebbero molte altre – per definire un territorio della produzione musicale attuale che fa della commistione tra i generi e gli stili una sorta di ideale e riconoscibile marchio di fabbrica che può far storcere il naso ai puristi, ma che sicuramente può vantare un considerevole appeal sulle generazioni più giovani, oltre che su quella fetta di pubblico più sensibile a proposte culturali non standardizzate e più creative. Un pubblico che, in un certo senso, può non aver conosciuto direttamente la musica di Stockhausen, Nono, Cage e magari neanche di Eno, ma che applaude con entusiasmo di fronte a un giapponese al pianoforte e a un tedesco alla consolle, che di quella musica si sono nutriti.
La loro musica – dal primo album “Vrioon” fino al recente “Summvs” – si presenta come una rassegna di elaborazioni nelle quali le intuizioni musicali di Sakamoto vengono trattate e reinventate da Noto attraverso diverse manipolazioni, che vanno dall’innesto di pattern timbrici e ritmici alla registrazione e riproposizione cadenzata in tempo reale di cellule melodiche sparpagliate dal pianoforte. Un ascolto lungo il quale, brano dopo brano, emergono i debiti che questo genere di proposta musicale deve riconoscere a certe sperimentazioni del passato: i suoni elettronici campionati ai tempi di Stockhausen e Nono, l’uso del “pianoforte preparato” sdoganato da John Cage, l’ambient music anni Settanta di Brian Eno, effetti visivi geometrici, e così via. Un retaggio che, per chi ha memoria di quella musica, segna questi brani con il gusto uniforme del dejà vu, ravvivato dal maggiore spessore armonico-musicale che affiora di tanto in tanto.
Va comunque considerato, pensando al numeroso pubblico che affollava la sala, che artisti come Sakamoto e Noto appartengono a una scena musicale contemporanea che mescola senza soluzione di continuità l'elettronica al drone, la computer music all’ambient, il jazz al post-rock. Tante etichette – ma ce ne sarebbero molte altre – per definire un territorio della produzione musicale attuale che fa della commistione tra i generi e gli stili una sorta di ideale e riconoscibile marchio di fabbrica che può far storcere il naso ai puristi, ma che sicuramente può vantare un considerevole appeal sulle generazioni più giovani, oltre che su quella fetta di pubblico più sensibile a proposte culturali non standardizzate e più creative. Un pubblico che, in un certo senso, può non aver conosciuto direttamente la musica di Stockhausen, Nono, Cage e magari neanche di Eno, ma che applaude con entusiasmo di fronte a un giapponese al pianoforte e a un tedesco alla consolle, che di quella musica si sono nutriti.
By This River by Alva Noto + Ryuichi Sakamoto @ Aural Festival 2012, Teatro Metropólitan (HD) from Victor Lara on Vimeo.
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