Con permesso
Un decreto legge vorrebbe abolire i permessi artistici ai docenti di Conservatorio
Recensione
classica
Era del tutto prevedibile che, prima o poi, qualche parlamentare avrebbe fatto propria quest’idea. Del tutto prevedibile, diremmo, dato l’attuale spessore culturale del parlamentare medio italico: aboliamo i permessi artistici dei docenti di Conservatorio! Basta, dunque, con questi privilegi, con questa diseguaglianza rispetto ad altre scuole italiane in cui il permesso artistico non c’è. Ve lo immaginate un docente di matematica in permesso artistico? E allora, basta sperequazioni! Leggendo alcuni forum dedicati ai docenti dei Conservatori italiani, per la verità, si incontrano spesso attacchi ai loro privilegi veri e presunti: si insegna solo dodici ore alla settimana, si fanno lunghe vacanze, si può organizzare il proprio monte ore e, in più, godere di permessi artistici retribuiti. Insomma una pacchia. Al di là dell’ovvia osservazione per cui nemmeno nel Pataffio di Luigi Malerba (un romanzo di strepitosa attualità) vi è un contrasto così stridente e grottesco fra lo zelo con cui la classe politica abolisce i privilegi dei cittadini e la cupidigia con cui si appresta ad incrementare i propri, sarebbe il caso di vedere la questione in maniera meno superficiale. Il Conservatorio è una scuola cui si accede innanzitutto legittimando il proprio status di artista, e in virtù di una attività artistica. Certo, il concerto nella parrocchietta col proprio insegnante nella commissione giudicatrice dei titoli artistici che lo ritiene alla stregua di un concerto al San Carlo, esiste. E questa è l’anomalia, il guasto da sanare. Non certo il principio, elementare, secondo cui non si può insegnare qualcosa che non si sappia fare, non si può imparare ad operare il cuore da chi non sia cardiochirurgo e a guidare un aereo da chi non sia un pilota. E in Conservatorio, al di là della piccola o grande ciurma di miracolati, esiste una nutrita (ben più di quanto non piaccia pensare) schiera di strumentisti, musicologi, compositori, che svolgono una attività artistica, in alcuni casi prestigiosa e internazionale. Di solito sono anche insegnanti bravi – con eccezioni, ovvio – perchè possono trasmettere un sapere acquisito e sviluppato sul campo. Senza nulla togliere ad alcuni valorosi didatti puri, che anche svolgono la loro attività con successo. Sono scelte, opzioni, situazioni, tutte rispettabili. Se davvero passasse lo scellerato disegno di legge cui accennavamo prima, di evidente valore demagogico e concepito senz’altro da chi non ha nemmeno idea delle differenze, delle specificità della pratica artistica e musicale, si impedirebbe di fatto ai docenti di avere un’attività artistica. Oppure ai Conservatori di annoverare tra le loro fila chi suona, porta lustro alla scuola e trasmette agli allievi esperienza, sapere e soprattutto gioia di vivere e far musica.
Il tentativo di svincolare il Conservatorio da ogni rapporto con la pratica artistica rischia non solo di snaturarlo, di mortificarne le migliori professionalità, ma anche di distruggerne ogni residua memoria storica. Scorrendo i nomi dei docenti e direttori si percorre infatti la storia della musica italiana degli ultimi cento anni. Cancellati - ironia delle parole – da un disegno. Un disegno di legge cupamente bipartisan, e sarebbe auspicabile che bipartisan fosse la reazione. Dai musicisti me l’aspetto. Ma qualche politico con un fremito d’intelligenza e di buon senso esisterà?
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