Voci all'opera

Il nuovo libro di Sonia Arienta

Articolo
classica


Sonia Arienta, Urli, mormorii, silenzi. Sociologia della voce nel melodramma e nel romanzo dell’Ottocento, Carocci 2015.

Arienta analizza l’uso della voce e le strategie retoriche del narratore e dei personaggi da molteplici prospettive: sociologia, psicanalisi, linguistica e lettura ravvicinata dei testi di Hugo, Dickens, Verdi. Perno del discorso gli affondi in Cicerone e Quintiliano, i cui principi di retorica sono verificati nelle didascalie della partitura, nel caso di un’opera, e in quella specie di partitura testuale che informa i dialoghi di una narrazione. Ne risulta un libro singolare, non solo per le numerose osservazioni inedite, ma per il taglio dello studio, che sembra distillato attraverso lunga gestazione, fuso e rifuso più volte. Un testo “organico”, in cui si parte da ipotesi, si conducono esperimenti, per arrivare a conclusioni inaspettate.

Nel corso di due sezioni (La voce del potere, Il potere della voce-suono) e un finale di densa sintesi - ma sono molte le annotazioni ancorate al discorso principale che l’autrice abilmente dissemina nel corso dei capitoli -, Arienta mette a frutto una lunga esperienza di studiosa appartata, regista, drammaturga, scrittrice. Sembra che si parli di dialoghi e duetti, più spesso si parla della comunicazione tra gli umani, della gestione degli affetti, del rapporto personale e storico che tutta la società instaura con l’idea di Rivoluzione. Idea, oggi, beatamente mandata in soffitta e anestetizzata: qui invece è il non detto, l’implicito di ogni scelta, consapevole o meno, degli autori esaminati. Verdi e Dickens ne escono bene (il primo fa da “ponte” al secondo); malissimo Hugo, la cui cattiva coscienza e la svolta reazionaria contraddicono i sensi democratici professati. Nella seconda parte, le letture dei duetti verdiani offrono acquisizioni interpretative su cui sarà utile riflettere. L’analisi delle dinamiche vocali e delle indicazioni retoriche della partitura, indizi di scelte consapevoli, smaschera l’inautenticità e l’immaturità di Alfredo, dalle cui artificiose profferte Violetta (nella foto: Traviata al Teatro Regio di Torino) si lascia convincere, più ingenua di Gilda. Molte definizioni da ricordare, a partire da quella sulla sospetta focosità del Duca di Mantova, laddove è sempre il pudore a caratterizzare i partners sinceri (verdiani e non).

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Articolo in collaborazione con Fondazione Busoni

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