Montellanico, musicista combattente

Un nuovo progetto dedicato a Abbey Lincoln e la presidenza del Midj: intervista a Ada Montellanico

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È un vulcano di parole e idee, Ada Montellanico, la cantante romana che – dopo essersi fatta apprezzare come intensa interprete (spesso a fianco di Enrico Pieranunzi), ha in questi ultimi anni trovato una felice maturità artistica e si è messa a servizio del non facile ambiente dei jazzisti italiani, come presidente del Midj (l’associazione dei Musicisti Italiani di Jazz).

Non è forse un caso – ce lo conferma lei stessa qui sotto – che in un momento di così attenta consapevolezza ai diritti di una categoria, le sia venuta l’idea di dedicare un disco a un’artista fortemente engagé come Abbey Lincoln, la cantante che è stata compagna di Max Roach e indimenticabile voce di alcuni suoi dischi storici.

Il disco si chiama Abbey’s Road, è uscito in questi giorni per l’etichetta Incipit (distribuzione Egea) e vede la Montellanico alla testa di un quintetto con Giovanni Falzone alla tromba, Filippo Vignato (che abbiamo intervistato qui) al trombone, Matteo Bortone al contrabbasso e Ermanno Baron alla batteria. Formazione che è essenziale per la riuscita del disco, grazie a un approccio fresco e ricco di tensioni contemporanee che attira la stessa cantante verso territori più stimolanti. La Montellanico trova, da parte sua, in un progetto così connotato, il terreno ideale per evitare le “trappole” della sovra-interpretazione, andando così al cuore dei testi e delle musiche per interrogarne l’attualità e la forza.

Abbiamo incontrato la cantante romana per parlare un po’ più approfonditamente di questo progetto e del suo lavoro con Midj.

Cominciamo dal disco, Abbey’s Road. Come è nato questo progetto sulla musica di Abbey Lincoln?

​«Era tempo che "giravo" intorno a questa artista, affascinata dal suono della sua voce così intensa e scarna, dalle sue profonde interpretazioni, ma soprattutto dal suo spessore e dal coraggio nell'affrontare tematiche scomode e dai contenuti forti come la lotta per i diritti civili. Per questi motivi ho voluto dedicare a lei un intero album, approfondendo la parte autoriale e non quella di interprete di standard della tradizione afroamericana». Quali le opportunità e le difficoltà di aggiornare il messaggio della Lincoln in un contesto culturale e storico differente?

​«Purtroppo devo dire di non aver avuto alcuna difficoltà nel rendere attuale il suo messaggio. Viviamo in un clima di completo oscurantismo e le attuali elezioni presidenziali americane lo confermano. Il razzismo è qualcosa di tangibile che respiriamo quotidianamente, la paura e il rifiuto del diverso, la non inclusività ha reso questo omaggio estremamente attuale. Non a caso ho voluto inserire due brani che appartengono al capolavoro We Insist! Freedom Now Suite, manifesto per la lotta contro la discriminazione razziale. È stato rischioso, ma sento fortemente queste tematiche e il mio ruolo di presidente di Midj mi sta impegnando in prima persona a combattere per degli ideali e per attuare un cambiamento che ritengo necessario oggi che mai. Mi sento un po' Abbey, una musicista combattente».

Dal punto di vista strettamente musicale e vocale, cosa ti ha colpito della Lincoln e come hai lavorato in relazione al suo gesto sonoro?

​«L'elemento che mi ha colpito di più è il suo essere ancorata alla tradizione scegliendo contesti musicali moderni e innovativi. ​Non era una cantante alla Betty Carter, non improvvisava come normalmente si intende usando lo scat, cantava da grande interprete ma gli ambiti sonori, le sue collaborazioni con grande artisti, come Max Roach, la ponevano in un ambito estremamente moderno e di grande sperimentazione e ricerca. Ho voluto riproporre questo contrasto che sento molto mio, cercando nel canto di entrare in maniera profonda nell'interpretazione dei brani, che ho scelto con grande cura. Brani che hanno delle storie importanti, contenuti alti, la libertà, l'identità, l'essere se stessi. Questi sono i testi di Abbey Lincoln: necessitano di uno spessore umano e non solo musicale per essere cantati. È un omaggio molto sincero e sentito, e spero di esserci riuscita».

Oltre a quella di Abbey Lincoln, quali sono le tue figure di riferimento dal punto di vista del canto, ma non solo?

​«Amo molto Diane Reeves, Kurt Elling, Cassandra Wilson: riescono sempre a emozionarmi, ma apprezzo anche la ricerca sonora e vocale di Theo Bleckmann. Adoro poi Maria Schneider, Brad Meldhau, Charles Lloyd, Dave Douglas, Django Bates».

Parliamo della band con cui hai inciso il disco: sono musicisti che chi frequenta il jazz italiano conosce molto bene, come Giovanni Falzone, e giovani tra i più dotati delle nuove generazioni (basti pensare che Matteo Bortone e Filippo Vignato hanno vinto i due ultimi Top Jazz come miglior nuovo talento). Come è nata questa combinazione e quale apporto, al di là della bravura come improvvisatori, è stato per te essenziale da parte loro?

​«Con Giovanni Falzone ​c'è una forte amicizia e un grande sodalizio artistico nato nel 2000, mi piace la sua visione musicale, la sua originalità artistica, la sua scrittura. Già in Suono di donna ho voluto fosse al mio fianco come arrangiatore e come squisito strumentista. La nostra diversità ci attrae, io più legata all'interpretazione e alla narrazione di storie, lui grande sperimentatore. Ognuno di noi si spinge nel territorio dell'altro con curiosità e voglia di rischiare, cercando di creare qualcosa di nuovo per entrambi. Filippo Vignato lo avevo conosciuto due anni fa grazie a Midj e al nostro progetto We Insist e ne sono rimasta molto impressionata. Bel suono e grande maturità per quanto ancora giovanissimo, come anche Matteo Bortone, grande solidità e suono pieno, e Ermanno Baron (presente anche mio progetto su Billie Holiday), dal drumming incisivo, vasta gamma di colori e forte sensibilità. Avendo scelto di non usare uno strumento armonico avevo bisogno di un solido perno ritmico su cui far ruotare le altre tre voci. Enorme la soddisfazione alla prima prova. Nessuno aveva suonato mai insieme agli altri ma il gruppo funzionava alla grande, bella compattezza e impasto sonoro, grazie anche alla scrittura di Giovanni che ha saputo fare degli arrangiamenti straordinari».

Da osservatrice privilegiata, in quanto presidente del Midj, del nostro jazz, quali idee, tendenze e prospettive vedi per i nostri jazzisti più giovani?

​«Vedo grande creatività e tante belle idee, oltre a un livello musicale molto alto, ma enormi difficoltà a emergere​, molta fatica a trovare spazi per potersi esprimere, anche se in questi anni ho visto con piacere che alcuni hanno trovato la loro strada e ormai rappresentano una certezza per il futuro del jazz italiano e uno sprone e una speranza per gli altri. Noi stiamo lavorando anche per questo, per migliorare lo stato della nostra musica e per aprire scenari che in altri paesi europei sono ormai una realtà da decenni».

​​ Dato che siamo passati a parlare di Midj, ti chiedo di dirmi in modo molto sintetico: come procede il lavoro dell’associazione, quali gli obiettivi più a breve termine su cui state lavorando e quali le criticità che senti ancora maggiormente presenti?

​«Midj sta andando benissimo e sono molto soddisfatta anche se costa una gran fatica, perchè spesso mi deconcentra da quella che è la mia attività artistica. In soli tre anni abbiamo fatto passi da gigante. Rappresentiamo un punto di riferimento in Italia e siamo ormai riconosciuti dalle istituzioni come unico interlocutore per il jazz insieme all’associazione I-Jazz, e questo non era mai accaduto per dei musicisti. Abbiamo aperto un tavolo tecnico con Siae per il riconoscimento del diritto di improvvisazione e per altre questioni, tariffe, trasparenza, eccetera. Siamo già alla seconda audizione per la legge sullo spettacolo, argomento importantissimo; a breve avremo un appuntamento con Tito Boeri, presidente dell'Inps. Insieme a queste trattative di grande rilevanza, centrali per la nostra missione, abbiamo fatto molto per "stimolare" il nostro mondo attraverso l’istituzione di bandi per attivare residenze d'artista, per la composizione. E poi la collaborazione con Paolo Fresu, che è nel nostro direttivo per organizzare gli eventi di solidarietà per L'Aquila e Amatrice e di cui è direttore artistico. Le criticità spesso vengono dal nostro ambiente, dalla enorme frammentazione e disillusione di molti musicisti, ma penso che queste problematiche siano da individuare nel drammatico contesto sociale e culturale in cui tutti viviamo».

Quale aspetto che non conoscevi (o che avevi sottovalutato) del nostro mondo del jazz ti sta svelando questa avventura con Midj e quale, al contrario, è l’idea che hai visto smentita dai fatti?

​«L'aspetto che non conoscevo è la diffidenza e il poco coraggio nel nostro mondo, a volte la poca coerenza e la rassegnazione a​ uno stato di cose che si pensa immodificabile. Serve più coesione, e più partecipazione. I social spesso mettono tutti con la coscienza a posto perché dietro a uno schermo ci si sente combattenti e paladini della giustizia, ma poi non si da seguito nella vita alle proprie idee e poche sono le persone che si spendono e rischiano in prima persona per modificare la realtà. L'idea che ho visto smentita è che ci si può riuscire, noi stiamo spingendo molto, sappiamo che ci vorrà tempo ma abbiamo aperto delle porte che sembravano impossibili. In questi anni ho però incontrato tanti musicisti gagliardi con cui sto lavorando molto bene e che sento coinvolti, tante piccole realtà che svolgono un lavoro eroico. Dobbiamo fare rete, prima o poi qualcosa succederà, ne sono certa, ma ci vuole molto coraggio, coerenza e molta resistenza».

Quali i tuoi prossimi progetti dal punto di vista musicale?

​«Ora mi concentro su Abbey's Road che è appena uscito e mi auguro abbia lunga vita, ma sono ancora vivi e vegeti i miei progetti su Billie Holiday, il duo con Francesco Diodati che vorrò incidere presto e il mio progetto su Luigi Tenco che nella versione attuale ho chiamato Tencology. È nata da pochi giorni l'idea di creare qualcosa di più grande insieme a Tiziana Ghiglioni, lei per prima e io dopo di lei abbiamo dedicato a questo straordinario cantautore album che hanno segnato una strada per il canto jazz in italiano e sarei molto felice di fare qualcosa insieme a Tiziana, che stimo molto».

Cosa gira nel lettore di Ada Montellanico in queste settimane?

​In queste settimane ho in ascolto Nearness (Brad Meldhau & Joshua Redman), The Constant (Jim Black Trio​), Dark Territory (Dave Douglas) e Aziza (Potter, Holland, Loueke, Harland), ma anche The Whistleblowers (Linx, Fresu, Wissels) e Plastic Breath (Filippo Vignato)».

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