Max Weber, Sociologia della musica
a cura di Candida Felici
il Saggiatore, Milano 2017, 183 pp., € 19,00.
Con felice intuizione, il Saggiatore ha pubblicato Sociologia della musica, testo di Max Weber (1864-1920) apparso in origine postumo nel 1921 e qui proposto in una nuova edizione critica, la prima generata nel nostro Paese, affidata all’accurata curatela di Candida Felici, artefice anche della traduzione.
Procedendo in ordine sparso tra le pagine di una casuale reminiscenza bibliografica dedicata ai risvolti sociologici della musica, la figura di Max Weber affiora per «l’aspetto della progrediente razionalità», come ebbe ad annotare Adorno nella sua Introduzione alla sociologia della musica (1962, qui citata nella traduzione italiana di Giacomo Manzoni per Einaudi del 1971), per «l’enciclopedica erudizione» evidenziata da Antonio Serravezza nell’introduzione a La sociologia della musica, raccolta di saggi da lui curata per EDT (1980), o ancora per essere stato definito da Karl Jasper «il più grande tedesco del nostro tempo», come ricorda Marcello Sorce Keller nel suo scritto Musica e sociologia (Ricordi 1996), dove evidenzia anche che «tutti i suoi sforzi di ricercatore infaticabile sembrano stimolati e unificati dal desiderio di comprendere i tratti salienti della civiltà occidentale».
Una miscela di rimandi che trovano conferma nel pensiero dello studioso tedesco, condensato in queste pagine che offrono un percorso organico attraverso i diversi capitoli che vanno dagli “Elementi fondamentali della musica europea” agli “Elementi intervallari nelle culture extraeuropee e nell’antichità”, dalle “Tipologie di razionalizzazione: principio della distanza e principio della divisione armonica” all’“Influsso di fattori extramusicali sulla razionalizzazione musicale”. Capitolo quest’ultimo tra i più vivaci grazie alle perlustrazioni dei rapporti tra linguaggio e melodia, delle influenze tra strumenti e sistemi musicali o ancora dei caratteri derivati dai culti religiosi o dalla professionalizzazione della musica.
Suggestioni che ritroviamo anche nel taglio organologico racchiuso nel capitolo finale, dedicato agli strumenti musicali, in un tracciato dove la ricerca dell’esame razionale si dispiega non tanto attraverso risposte univoche, quanto nella giustapposizione di letture empiriche dell’oggetto posto di volta in volta sotto la lente d’osservazione dello studioso.
Se è vero che con questi scritti Weber, vale a dire uno dei più rilevanti teorici politici moderni e tra i padri del pensiero sociologico, ha contribuito a porre le basi per quella branca della sociologia specificamente dedicata alla musica, oggi rimane la solida validità di un pensiero il quale, per quanto la prospettiva storica odierna ne possa evidenziare alcuni limiti – in particolare in ottica etnomusicologica – si conferma un limpido esempio di metodo di indagine applicato, per dirla ancora con Adorno, alla «conoscenza dei fenomeni musicali in tutte le sue implicazioni».