L'entusiasmo di Philip Gossett

Dinko Fabris ricorda il musicologo scomparso il 13 giugno

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La scomparsa di Philip Gossett il 13 giugno all’età di 75 anni ha lasciato sgomenti musicologi e interpreti di tutto il mondo, e anche i tanti appassionati d’opera che avevano scoperto anche grazie a lui tanti “segreti” dei beneamini dell’opera italiana. Gossett era infatti un attento divulgatore, sempre pronto a spiegare ogni aspetto di un’opera musicale del passato a platee di diversa competenza: si pensi al suo ultimo libro, tradotto in italiano nel 2009 dal Saggiatore con il titolo di "Dive e maestri. L’opera italiana messa in scena”. Ma questo era possibile perché era prima di tutto uno dei più grandi musicologi del nostro tempo, uno studioso che aveva da sempre vissuto la passione per la ricerca con la stessa intensità delle altre passioni, per la musica prima di tutto e poi per i viaggi, la conoscenza, la vita.

Era nato a New York nel settembre 1941, ed aveva iniziato a studiare pianoforte da bambino e parallelamente a frequentare gli spettacoli del Metropolitan Opera (familiarmente Met). La straordinaria coerenza della sua esistenza ha fatto si che la sua tesi di dottorato a Princeton fosse già dedicata ai quattro grandi dell’opera italiana dell’Ottocento: Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi. Ha iniziato a insegnare all’Università di Chicago nel 1968 continuando a dare affollati corsi come Emeritus anche dopo il suo pensionamento nel 2010. Nel frattempo la sua carriera si era sviluppata ai massimi vertici, con pubblicazioni e soprattutto imprese editoriali straordinarie (The Works of Giuseppe Verdi e Works of Gioachino Rossini, di cui è stato fondatore e curatore generale, rispettivamente per Ricordi-University of Chicago Press e per Bärenreiter Verlag).

Questa attività prestigiosa, insieme al suo costante impegno al fianco di direttori d’orchestra (alla Scala con Riccardo Muti e poi con James Levine, Riccardo Chailly, Roger Norrington) e cantanti di prima grandezza, gli ha meritato una lunga serie di premi e onorificenze, tra cui il Mellon Distingushed Achievement Award, primo musicologo a vincere questo riconoscimento che comportava anche un consistente contributo in danaro, da lui impiegato nel proseguo delle due edizioni critiche avviate. Era stato nel tempo presidente della American Musicological Society (AMS) e della Society for Textual Scholarship, rappresentante degli Stati Uniti per dieci anni nel consiglio direttivo della International Musicological Society (IMS), primo musicologo eletto capo dipartimento dell’intero settore umanistico all’Università di Chicago e consulente musicologico di numerosi festival in America e in Italia. Con il nostro paese, anche per i suoi soggetti di ricerca, il rapporto di Philip Gossett è stato sempre intenso e amorevole. Divenuto consulente della Fondazione Rossini di Pesaro - da cui si era poi staccato con qualche amarezza - e poi delle celebrazioni per il centenario di Verdi a Parma nel 2001, ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere di gran croce della Repubblica Italiana ed è stato chiamato come professore di Filologia musicale all’Università Sapienza di Roma per diversi anni, contribuendo fortemente alla preparazione dell’ultima generazione di musicologi romani. Infine negli ultimi cinque anni aveva accettato con entusiasmo di far parte della commissione di valutazione delle migliori tesi di dottorato delle università italiane, insieme con Antonio Rostagno e me, voluta dagli Amici della Scala di Milano, che ha permesso di premiare importanti lavori di esordio di giovani musicologi con la pubblicazione della tesi in forma di libro in una apposita collana di Feltrinelli (purtroppo con la sua malattia il concorso si è fermato da due anni). Una schiera di studiosi italiani, in pratica tutti gli specialisti di teatro d’opera, devono molto alla generosità di Philip Gossett, dai veterani come Fabrizio Della Seta, Stefano Castelvecchi e Francesco Izzo (quest’ultimo successore designato dallo stesso Gossett a dirigere l’edizione Verdi) fino ai più giovani come Daniela Macchione e Miriam Tripaldi.

Il mio incontro con Philip è avvenuto a Chicago nel 1991, il mio primo soggiorno in America con una borsa di studio di tre mesi nella meravigliosa Newberry Library: allora mi occupavo soltanto di musica rinascimentale ma come Dean delle Humanities all’università fu prodigo di consigli preziosi. Dopo di allora erano stati soprattutto gli amici drammatologi a fare da tramite con lui fino a quando non ci ritrovammo nel Directorium dell’IMS, negli stessi anni a partire dal 2007 (più tardi, quando fui eletto presidente della Società internazionale, Philip ne fu entusiasta e mi aiutò in maniera fondamentale nel progetto di creare un accordo di collaborazione tra le due più grandi società di musicologia del mondo, la Società Americana (AMS) e appunto l’IMS, accordo che è stato poi siglato nel dicembre scorso a Vancouver. Furono tante le esperienze in comune da quel momento: convegni indimenticabili a Kiev, San Pietroburgo e poi a Cuba, tra gli altri. Lui era sulle piste di una speciale versione “napoletana” del Barbiere di Siviglia e lo avevano aiutato tre musicologhe russe, per coincidenza tutte di nome Olga: lui le aveva immediatamente ribattezzate “Olga prima, Olga seconda e Olga terza”. Per un periodo, ogni volta che era Roma, faceva “un salto” in Russia per le sue ricerche, come se fosse una gita fuori porta. Il suo viaggiare instancabile dovunque vi fosse un manoscritto da vedere, una produzione lirica da seguire come esperto di belcanto, una prima di una edizione critica o anche soltanto un libro locale da presentare, era una lezione continua sul modo di vivere la musicologia, la musica e la vita nel segno della passione. Proprio per questo suo entusiasmo sempre adolescenziale e un po’ guascone, siamo rimasti tutti sgomenti nell’apprendere della malattia terribile che lo aveva colpito, perché invalidava progressivamente e senza speranza il corpo mantenendo lucida come sempre la mente. Quando l’ho visitato a Chicago l’ultima volta alla fine del 2015 doveva già dettare alla moglie Suzanne le risposte ai messaggi elettronici che riceveva da tutto il mondo o le correzioni a tesi ed edizioni critiche.

Grazie Philip per la tua lezione meravigliosa, durata tutta la tua vita.

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