Mediaticamente meno esposto di altre rassegne, ben radicato in un territorio splendido ma certo tagliato fuori dai grandi flussi turistici, Novara Jazz è cresciuto poco a poco, imponendosi fra i più interessanti festival italiani, ottimizzando le (non molte) risorse economiche e le (moltissime) risorse umane – e di umanità – a disposizione.
Il programma del 2016 sembra confermare il vecchio assunto che la qualità si guadagna con la continuità e la voglia di fare, con il rapporto attento con i musicisti e con il proprio pubblico, e con l'idea che un festival dura un mese, ma vive e lavora per tutto l'anno.
La rassegna inaugura il 26, e il 27 maggio lancia una produzione originale, al termine di una residenza di una settimana: Land of Spirals di Rob Mazurek, con un gruppo all-Italian (Francesco Chiapperini, sax alto, flauto, clarinetto basso; Alberto Collodel, clarinetto, clarinetto basso; Simone Massaron, chitarra elettrica; Pasquale Mirra, vibrafono; Tony Cattano, trombone; Luca Pissavini, contrabbasso; Bernardo Guerra, batteria). La "prima" sarà a Bologna, per AngelicA – che coproduce – il 26 maggio. L'altro main event novarese è invece il 10 giugno, con l'atteso concerto della Fire! Orchestra di Mats Gustafsson (10 giugno).
Abbiamo fatto una chiacchierata con il direttore artistico, Corrado Beldì, chiedendogli di raccontarci Novara Jazz 2016.
Cominciamo dalla produzione originale. Come sta andando?
«I musicisti sono tutti entusiasti. Rob ha tutto il tempo per lavorare, è molto felice dei musicisti scelti e non sospettava forse questo livello, anche se aveva li aveva ascoltati in anticipo… Ci sono tutti gli elementi perché esca una gran bella cosa».
Come nascono le produzioni di Novara Jazz?
«A Novara Jazz interessa, come sempre, o portare progetti innovativi per la prima volta in Italia, o portare artisti che frequentano poco l’Italia in modo da avere un programma con un taglio particolare. Abbiamo la volontà e la gioia di stimolare nuove produzioni. A volte nascono semplicemente dal dialogo fra artisti, altre volte siamo solo dei facilitatori, come è stato nel caso dell’incontro tra Anat Fort e Gianluigi Trovesi: hanno fatto un disco Ecm, e andranno in tour negli Usa, ma quel progetto è nato a Novara. Lo stadio più avanzato è quello delle produzioni “in prima persona” con residenza: questo è il quarto anno in cui ci facciamo carico di ospitare dei progetti in residenza.
L’idea questa volta era non di lavorare con un ensemble europeo, ma di mettere insieme i talenti più interessanti del momento, con un occhio particolare per i musicisti a cui siamo legati e che hanno già collaborato e suonato a Novara, tutti i musicisti con cui c’è una vicinanza umana anche… per dare loro la possibilità di lavorare con un maestro del nostro tempo. E perché vogliamo dare la possibilità a uno come Mazurek, che sta a El Paso, di costruirsi una band anche qui. È difficile, ma sarebbe bello che questa residenza diventasse uno dei suoi progetti. È la parte più divertente della direzione artistica: credo che festival come i nostri debbano lavorare così. Non si può programmare solo Fresu e Bollani!».
Molti festival sembrano avere difficoltà a muoversi sulla sottile linea fra le esigenze della direzione artistica e le esigenze della “piazza”, di trovare l’evento che contenti il “grande pubblico” e gli sponsor… Voi come lavorate?
«Noi facciamo un festival, e in buona parte gratuito, con le risorse che abbiamo. Non abbiamo l’ossessione di riempire per forza un teatro: non so davvero dire cosa ci vorrebbe per portare il pubblico pagante a vedere Fire! Orchestra. Noi allestiamo il concerto bene, facciamo comunicazione per il meglio, in molti casi abbiniamo degustazioni… Mi piace moltissimo organizzare i piccoli concerti in campagna, in luoghi di interesse storico e naturalistico: anche concerti di ricerca, in cui se sei un appassionato ti esalti, se non lo sei ti segui un solo di clarinetto, e poi ti bevi un bicchiere di buon Nebbiolo e sei contento.
Certo non possiamo neanche rischiare la piazza vuota: d’inverno facciamo anche concerti di free, o di cose “difficili, ma accettiamo di stare in sale più piccole, 40-100 posti, e ci va bene così. E cerchiamo di lavorare con le associazioni, le scuole… D’estate facciamo anche delle cose “di ricerca”, ma che interessino anche ad appassionati di altri genere – è il caso di Fire! Orchestra, che è un concerto che parla anche agli amanti del rock, della psichedelia…».
Il vostro è un festival “diffuso” su vari luoghi, dal centro di Novara alla provincia.
«La nostra ambizione è sempre stata quella di incidere attraverso la musica sull’“urbanistica”, per così dire... Novara è una città molto bella, con un centro storico piccolo ma pieno di luoghi da scoprire. Quest’anno andiamo per la prima volta nella Sala del Compasso, nella Basilica di San Gaudenzio, quartier generale dell’Antonelli quando ne progettava la cupola, e che ospita il gigantesco compasso usato: ospiterà un solo di Claudio Lugo. Faremo concerti alla Biblioteca Negroni, al museo etnografico e in provincia al Castello di Casalino, a Villa Pichetta, con la tradizionale biciclettata... Tutti gli eventi nel Parco del Ticino sono rigorosamente acustici: la sfida sta nel saper scegliere musicisti adeguati, che sappiano reggere un concerto anche suonando senza amplificazione sotto una quercia…».
Il tuo concerto preferito di quest'anno… E non vale rispondere Fire! Orchestra.
«Non è facile rispondere… Dietro ogni concerto c’è tutta una storia. Se dovesse rispondere Riccardo Cigolotti, che cura il festival con me, direbbe sicuramente Melt Yourself Down, fantastico gruppo post-punk-funk di Londra. Forse potrei scegliere il concerto di Casalino, con il solo del clarinettista François Houle, canadese, fra contemporanea e free jazz, e del trombonista Samuel Blaser, a cui si aggiungeranno poi Nicola Fazzini e Luca Colussi. Houle forse tornerà anche l’anno prossimo…».
Dunque... che succederà l’anno prossimo?
«Vorrei fare un fantastico gruppo canadese, Haram, capitanato dal chitarrista Gordon Grdina. Ma altre cose sono già programmate: a ottobre aprirà la Biennale Danza una produzione con Dan Kinzelman e il danzatore Daniele Ninarello, e c’è in cantiere un progetto fra Emanuele Parrini e Taylor Ho Bynum…».
In apertura: Rob Mazurek e i musicisti in residenza (foto Emanuele Meschini)