Il nuovo San Carlo

Napoli: Pinamonti nuovo direttore artistico

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Con il titolo The Golden Stage, lo scorso sabato è stata presentata la stagione 20XV-XVI del Teatro San Carlo di Napoli: un titolo altisonante, forse - e, se così, giustamente - eletto a ricordare i fasti del passato e di buon auspicio per un futuro nuovamente "dorato". In verità, nel foyer felicemente affollato non solo dalla stampa, ma anche da quel pubblico fedele e carico di aspettative, ci sono state doppie presentazioni, perché forse la più attesa era quella del neoincaricato direttore artistico Paolo Pinamonti (nella foto piccola), che, volato addirittura da Pechino, non sarebbe potuto, né avrebbe voluto, mancare a questo primo appuntamento. Classe 1958, con un curriculum di direzioni artistiche da "La Fenice" di Venezia (1997-2000) e, passando per il "Teatro Nacional de São Carlos"di Lisbona (2001-2007), fino al "Teatro de la Zarzuela" di Madrid (2011-2016, dove infatti ricoprirà per poco ancora il proprio ruolo in concomitanza con il nuovo incarico), Pinamonti ha ricevuto al San Carlo accoglienza positiva; non è toccata a lui la presentazione della prossima stagione, non avendone ovviamente concorso alla realizzazione, ma il pubblico lì presente ha apprezzato il suo atteggiamento franco anzitutto nel ringraziare e render noto il reale artefice della nuova programmazione, ossia il segretario artistico del teatro, Franco Andolfi, rimasto finora nell'ombra della discrezione, e poi nel mostrarsi ben disposto a condurre in futuro la produzione artistica del San Carlo verso prospettive di prestigio internazionale, grazie, ci auguriamo, ad artisti, autori e titoli che ormai da troppo tempo, e in molti casi da sempre, mancano al Massimo napoletano, nonostante le richieste di pubblico e cronaca negli ultimi anni sempre più insofferenti. Chiaro, sempre Pinamonti, anche nell'ammettere che la prossima stagione sinfonica supera in prestigio forse quella d'opera, e attento nel ricordare, con sana formalità, che «... il San Carlo è il più bel teatro d'Europa, quindi del Mondo». Più concrete erano le aspettative nei confronti, invece, dei discorsi del vicepresidente del CDI - incentrati su bilanci quadrati e non, su spese, tagli, fondi e non - del Sindaco, vaghi e astratti, della Sovrintendente che, emozionata e pur orgogliosissima, ha proiettato le proprie parole in un futuro più remoto che prossimo. E proprio la rieletta Rosanna Purchia ha presentato il nuovo cartellone, che, tutto sommato, letto come primo passo del nuovo percorso verso il San Carlo che tutti vorrebbero, riesce ad accontentare un po' tutti.

La stagione d'opera ha qualità grazie sopratutto a due titoli: Goyescas di Granados e Der Zwerg (Il Nano) di Zemlinsky, abbinati rispettivamente a due opere sì pucciniane ma almeno non troppo di repertorio, Suor Angelica e Il Tabarro. Accolta con piacere la Norma di Bellini, ed il Falstaff di Verdi, che oltre a brillare di luce propria è arricchito dalla regia di Luca Ronconi, Fedora di Umberto Giordano e Le Nozze di Figaro di Mozart, con Chiara Muti alla regia, e rispettivamente dirette da Nello Santi, Pinchas Steinberg, Christian Badea e Gabriele Ferro, tutti, tranne Badea, di ritorno al San Carlo. Non mancano le celebrazioni: quella dei 200 anni dalla morte di Giovanni Paisiello, con la messa in scena al Teatrino di Corte di Palazzo Reale di due opere, Zenobia in Palmira e La grotta di Trofonio, che insieme alla già citata Fedora, Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea e Achille in Sciro di Domenico Sarro (pensata in particolare per celebrare i 300 anni dalla nascita di Carlo III di Borbone e la sua fondazione del San Carlo), mostrano una maggiore, seppur tarda, considerazione del repertorio di scuola napoletana che dovrebbe meritare scontata presenza in cartellone. Tornano infine più ovvie che mai - ma del resto lecite - Carmen di Bizet, con la regia di Daniele Finzi Pasca, che per la terza volta negli ultimi anni inaugura la stagione d'opera del San Carlo (le altre due con regia di Pappi Corsicato e Lina Wertmuller), giustificata dalla direzione di Zubin Mehta (nella foto grande) che inaugura anche la stagione sinfonica con le Sinfonie n. 4 e n. 6 di Cajkovskij; La Vedova Allegra di Lehar, Madama Butterfly di Puccini e Aida di Verdi, anch'esse elevate da direttori e registi di prestigio - le ultime due per il "San Carlo Opera Festival" che pure torna, stavolta annunciato con largo anticipo. Il balletto nella prossima stagione abbonda di titoli, tra cui Romeo e Giulietta di Prokof'ev e Otello di Dvořák. Infine degli altri nomi prestigiosi, divisi tra opera e sinfonica, da segnalare è la presenza dei direttori Fabio Luisi, Daniel Oren, Patrick Fournillier, Donato Renzetti e Michele Mariotti; degli interpreti Ha - Na Chang, Pinchas Zukerman, e dei cantanti Mariella Devia, Carmela Remigio, Brian Judge e Vladimir Stoyanov. Ma, dulcis in fundo, il titolo che più ha rincuorato il pubblico, e che forse proprio per dare speranza e placare malumori è inaspettatamente e precocemente stato annunciato, è quello dell'opera già scelta per inaugurare addirittura la stagione 2016-17: Otello di Rossini, opera di cui ricorre il bicentenario e che sarà rappresentata proprio nello stesso 4 dicembre in cui ebbe il suo debutto a Napoli (1837), al Teatro del Fondo. Tutto ciò in abbonamento scontato del 30% rispetto allo scorso anno, un lodevole sforzo del teatro che vede in questa politica la sovrintendenza in prima linea.

Salvatore Morra

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