Per quanto possa suonare strano, a svelare al pubblico di Shanghai alcuni aspetti della vita della città negli anni Quaranta, è un artista italiano.
Invitato dal direttore di SH Contemporary Shanghai Contemporary Art Fair, Massimo Torrigiani, il compositore Roberto Paci Dalò ha infatti ideato "Ye Shanghai", performance musicale e visuale che incrocia differenti traiettorie, quella cinese, quella dell'occupazione giapponese delle città e anche quella ebraica, come ci spiega lo stesso musicista.
«Ho effettuato un primo viaggio a Shanghai nel maggio del 2012» dice Paci Dalò «e ho scoperto la poco conosciuta storia del Ghetto, un'area di circa un miglio quadrato nel distretto di Hongkou della Shanghai occupata dal Giappone popolata da qualcosa come 23.000 ebrei fuggiti da Germania e Austria dopo la Kristallnacht».
Come hai lavorato alla parte musicale dell'installazione?
«Ye Shanghai è presentato in un triplice formato: performance musica-film, installazione e film. Musicalmente alla base di tutto c'è la canzone omonima interpretata da Zhou Xuan e uscita nel 1937. È una canzone straordinaria sia dal punto di vista musicale che testuale e non a caso diventò un hit e resta tuttora nel cuore di generazioni di cinesi. Volevo per il progetto un terreno comune forte e questo lied ben si prestava alle mie esigenze. Ho decostruito la canzone creando un database di samples e l'intera composizione è basata su questi suoni che in maniera molto graduale creano un climax che viene risolto solo alla fine quando il pubblico scopre di cosa si tratta e canzone si ricompone rendendosi riconoscibile. La performance nasce come solo (io in scena con clarinetto basso, sampler e live electronics), ma sto attualmente lavorando alla scrittura di una partitura per ensemble».
Nel video ci sono dei materiali bellissimi, come li hai reperiti?
«Merito di Francesca Girelli, coproduttrice del progetto insieme a Davide Quadrio di Arthub Asia. Mi ha segnalato alcuni materiali di viaggiatori inglesi a Shanghai negli anni Venti e Trenta e negli archivi del BFI British Film Institute ho scoperto un fondo di filmati in 35mm girati magistralmente che documentano la vita quotidiana all'epoca. Sono materiali straordinari, tra l'altro inediti, che ho fatto trasferire in digitale per poter montare un'ora di film. Nella performance è usata la versione in digitale, ma stiamo lavorando a un riversamento in 16mm per consentire anche una proiezione su pellicola e appena possibile faremo addirittura una copia in 35mm».
Il tema dell'emigrazione è sempre attuale, quali riflessioni sono emerse dal lavorare su questi temi?
«Lo Shanghai Ghetto è stato un momento molto particolare nella vita di una città così incredibile e cosmopolita. Per quanto riguarda la comunità ebraica dobbiamo anche ricordare come già dalla metà del XIX secolo Shanghai era stata la meta di immigrazioni iniziata con famiglie come quelle di Sassoon, Hardoon e Kadoorie, arrivate da luoghi come Baghdad, Bombay e Hong Kong. Shanghai dovrebbe riprendere il filo del suo cosmopolitismo e lavorare intensamente sulla sua storia. Non in maniera nostalgica, ma per ritrovare una consapevolezza delle sue possibilità, anche perché è una città cosmopolita e molti sono i non cinesi che ci vivono».
Pochi giorni fa hai presentato il lavoro proprio a Shanghai, ci racconti qualcosa di questa avventura proprio nel luogo chiave del lavoro?
«Ho potuto constatare che ogni volta che presento il lavoro qui, le reazioni sono molto forti. Si tratta di immagini inedite di un passato dimenticato e provocano un'immediata curiosità e in certi casi vera e propria emozione. Il lavoro è stato presentato alla Power Station of Art Museum e in un grande parco per l'inaugurazione del festival Art Shanghai 2013».
In giugno il lavoro sarà presentato a Venezia, un'occasione per vederlo qui in Italia.
«Buona parte del 2013 è dedicata a Ye Shanghai, che sarà presentato tra l'altro a Art Brussels (in prima europea), Screen Barcelona, Default 13 Lecce. A Venezia, durante i giorni dell'opening della Biennale Arte a fine maggio, sarà presentata nella sua versione installazione presso la Fondazione Querini Stampalia all'interno dell'auditorium progettato da Mario Botta e uscirà presto il vinile con la registrazione fatta dal vivo presso la radio nazionale austriaca».
Cos'altro bolle in pentola?
Sto lavorando a uno spettacolo di teatro-musica basato sul testo Rimi di Gabriele Frasca appena uscito per Einaudi e a LUFT, un laboratorio di radio, teatro e web che si svolgerà in varie sedi e che è diventato infrastrutturale all'interno delle attività del Teatro Valle Occupato. Quest'anno ho poi completamente ridisegnato - insieme a Marold Langer-Philippsen - il sito di Radio Lada, una delle prime webradio, nata nel 1995. Con Radio Lada sto studiando un palinsesto fatto anche di corrispondenti in giro per il mondo, che trasmettono in diretta attraverso smartphone. Tengo anche a ricordare l'installazione permanente "Animagus", sul Lago di Como, che vedrà un ulteriore sviluppo durante l'estate».
«Ho effettuato un primo viaggio a Shanghai nel maggio del 2012» dice Paci Dalò «e ho scoperto la poco conosciuta storia del Ghetto, un'area di circa un miglio quadrato nel distretto di Hongkou della Shanghai occupata dal Giappone popolata da qualcosa come 23.000 ebrei fuggiti da Germania e Austria dopo la Kristallnacht».
Come hai lavorato alla parte musicale dell'installazione?
«Ye Shanghai è presentato in un triplice formato: performance musica-film, installazione e film. Musicalmente alla base di tutto c'è la canzone omonima interpretata da Zhou Xuan e uscita nel 1937. È una canzone straordinaria sia dal punto di vista musicale che testuale e non a caso diventò un hit e resta tuttora nel cuore di generazioni di cinesi. Volevo per il progetto un terreno comune forte e questo lied ben si prestava alle mie esigenze. Ho decostruito la canzone creando un database di samples e l'intera composizione è basata su questi suoni che in maniera molto graduale creano un climax che viene risolto solo alla fine quando il pubblico scopre di cosa si tratta e canzone si ricompone rendendosi riconoscibile. La performance nasce come solo (io in scena con clarinetto basso, sampler e live electronics), ma sto attualmente lavorando alla scrittura di una partitura per ensemble».
Nel video ci sono dei materiali bellissimi, come li hai reperiti?
«Merito di Francesca Girelli, coproduttrice del progetto insieme a Davide Quadrio di Arthub Asia. Mi ha segnalato alcuni materiali di viaggiatori inglesi a Shanghai negli anni Venti e Trenta e negli archivi del BFI British Film Institute ho scoperto un fondo di filmati in 35mm girati magistralmente che documentano la vita quotidiana all'epoca. Sono materiali straordinari, tra l'altro inediti, che ho fatto trasferire in digitale per poter montare un'ora di film. Nella performance è usata la versione in digitale, ma stiamo lavorando a un riversamento in 16mm per consentire anche una proiezione su pellicola e appena possibile faremo addirittura una copia in 35mm».
Il tema dell'emigrazione è sempre attuale, quali riflessioni sono emerse dal lavorare su questi temi?
«Lo Shanghai Ghetto è stato un momento molto particolare nella vita di una città così incredibile e cosmopolita. Per quanto riguarda la comunità ebraica dobbiamo anche ricordare come già dalla metà del XIX secolo Shanghai era stata la meta di immigrazioni iniziata con famiglie come quelle di Sassoon, Hardoon e Kadoorie, arrivate da luoghi come Baghdad, Bombay e Hong Kong. Shanghai dovrebbe riprendere il filo del suo cosmopolitismo e lavorare intensamente sulla sua storia. Non in maniera nostalgica, ma per ritrovare una consapevolezza delle sue possibilità, anche perché è una città cosmopolita e molti sono i non cinesi che ci vivono».
Pochi giorni fa hai presentato il lavoro proprio a Shanghai, ci racconti qualcosa di questa avventura proprio nel luogo chiave del lavoro?
«Ho potuto constatare che ogni volta che presento il lavoro qui, le reazioni sono molto forti. Si tratta di immagini inedite di un passato dimenticato e provocano un'immediata curiosità e in certi casi vera e propria emozione. Il lavoro è stato presentato alla Power Station of Art Museum e in un grande parco per l'inaugurazione del festival Art Shanghai 2013».
In giugno il lavoro sarà presentato a Venezia, un'occasione per vederlo qui in Italia.
«Buona parte del 2013 è dedicata a Ye Shanghai, che sarà presentato tra l'altro a Art Brussels (in prima europea), Screen Barcelona, Default 13 Lecce. A Venezia, durante i giorni dell'opening della Biennale Arte a fine maggio, sarà presentata nella sua versione installazione presso la Fondazione Querini Stampalia all'interno dell'auditorium progettato da Mario Botta e uscirà presto il vinile con la registrazione fatta dal vivo presso la radio nazionale austriaca».
Cos'altro bolle in pentola?
Sto lavorando a uno spettacolo di teatro-musica basato sul testo Rimi di Gabriele Frasca appena uscito per Einaudi e a LUFT, un laboratorio di radio, teatro e web che si svolgerà in varie sedi e che è diventato infrastrutturale all'interno delle attività del Teatro Valle Occupato. Quest'anno ho poi completamente ridisegnato - insieme a Marold Langer-Philippsen - il sito di Radio Lada, una delle prime webradio, nata nel 1995. Con Radio Lada sto studiando un palinsesto fatto anche di corrispondenti in giro per il mondo, che trasmettono in diretta attraverso smartphone. Tengo anche a ricordare l'installazione permanente "Animagus", sul Lago di Como, che vedrà un ulteriore sviluppo durante l'estate».