Il blog del Premio della Critica al Busoni / 4 settembre

Il direttore Arthur Fagen racconta le sue impressioni sui tre finalisti del Premio

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Grandi manovre, ieri, al Teatro comunale di Bolzano. La RAI ha cominciato a disporre le telecamere ed i microfoni per la diretta, nonché ad allestire nel foyer la postazione per le interviste, mentre i tre finalisti hanno provato con l'Orchestra Haydn i concerti: due Secondi di Rachmaninov ed il Quinto di Beethoven. Al termine delle prove, abbiamo scambiato due parole con il direttore americano Arthur Fagen, per scoprire qualcosa in più sui tre giovani pianisti.
"Ho incontrato i candidati questa mattina, alle 8.30, per la prima volta - ci ha raccontato Fagen - . Li avevo già ascoltati, due giorni fa, quando sono arrivato a Bolzano, nell'esecuzione del concerto mozartiano, ma li ho conosciuti soltanto quest'oggi e ho avuto subito un buon rapporto con tutti e tre. Ho avuto l'occasione di dirigere già l'ultima edizione del Premio Busoni, nel 2007, ed anche il concorso Regina Elisabetta a Bruxelles, dieci anni fa, ma questa è la prima volta che mi capita di dirigere lo stesso concerto per due volte nella stessa serata. La situazione è difficile per me e per l'orchestra, perché ci sono due interpretazioni molto ma molto diverse di Rachmaninov e ci si deve ricordare tutto. In realtà, sarebbe molto più facile eseguire tre concerti diversi".
Cosa ne pensa dei tre candidati? Hanno dimostrato facilità ad intendersi con l'orchestra? Hanno dimostrato di avere già un'esperienza in questo senso?
"Sì, sicuramente tutti e tre, ma Lifits mi ha detto che ha suonato il Secondo di Rachmaninov ancora quando aveva 12 anni. E non voglio dire che questo si sente, ma è comunque un'altra cosa quando qualcuno suona un concerto per la prima volta. Lui ha avuto veramente tanta esperienza con questa partitura".
Mettendo a confronto la finale della passata edizione con questa, quali differenze ha notato?
"Ricordo molto bene la finale del 2007, ma è molto difficile esprimere un giudizio, perché ogni pianista è diverso. Io mi sono sentito molto bene con i tre finalisti l'ultima volta e anche questa volta mi trovo bene".
Suonare con i giovani è sempre interessante...
"Sì. In questo caso perché uno ha una grande sensibilità, uno è più classico, l'altro ha grande fantasia. Direi di sì, è interessante".
Anche Lei è stato vincitore di importanti concorsi internazionali. Si ricorda l'emozione di quando era in competizione?
"Sì e molto bene! Penso che questo sia un momento molto difficile per loro, perché hanno avuto molto stress per tanti e tanti giorni di seguito, e adesso devono sostenere un concerto in cui è necessaria tanta concentrazione, quando invece si è già stanchi e si è data tutta l'energia. Ma quando si è giovani c'è tanta adrenalina e penso che quindi non ci saranno problemi".
Lei vive con loro l'ansia e l'eccitazione del momento...
"Ricordo ancora queste stesse emozioni. Quando, a soli venticique anni, partecipai ad un concorso di direzione d'orchestra, successe che, essendo molto giovane, non pensavo di passare la prima prova e quindi non avevo studiato i pezzi in programma per la fase successiva, ma passai il turno ed accadde che mi trovai a dover studiare un programma nuovo in soli tre giorni. Mi ero iscritto solo per fare esperienza di un concorso e pensavo che me ne sarei andato a casa subito dopo la prima prova. Fui quindi io stesso la persona più sorpresa quando mi comunicarono che potevo proseguire la gara, ma dopo dovetti studiare 24 ore al giorno per imparare questo programma. Ero sicuro che non sarei passato in semifinale, ed invece poi ho pure vinto! Si trattava dell'unico concorso per direttori d'orchestra che esisteva in America trent'anni fa, il Baltimore Symphony Orchestra Competition. Ora non esiste più. Oggi ce ne sono altri in America, ma all'epoca era l'unico".
Una simile esperienza la visse Anna Kravtchenko - come ci ha raccontato in un'intervista di prossima pubblicazione - proprio al concorso Busoni nel 1992, quando vinse all'unanimità il primo premio. L'allora sedicenne Anna si trovò a superare una prova dopo l'altra, trovandosi, infine, alla prima finale con l'orchestra con un Terzo di Beethoven che sapeva a metà. "Sono stata tutta la notte in Conservatorio a studiare il secondo ed il terzo movimento - ci ha raccontato - e quindi l'ho imparato lì, in una notte".
"Ma in un concorso non si sa mai cosa può succedere - ci ha spiegato ieri Fagen. Pensiamo a Brendel e alla carriera mondiale che ha fatto e qui al Busoni era arrivato solo quarto. Ripeto, non si sa mai cosa succederà".
Aspettiamo la finalissima di questa sera, quindi, in attesa del verdetto: dalle ore 20 in diretta su radio (Radio 3), televisione (Rai Sender Bozen per la sola provincia di Bolzano) ed internet (concorsobusoni.it). La scaletta della serata è la seguente: Gesualdo Coggi (Italia, classe 1985, allievo di Roberto Cappello) con Rachmaninov - Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in do minore op. 18; Alexey Lebedev (Russia, classe 1980, allievo di Mi-Kyung Kim e Matti Raekallio) con Beethoven - Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 in Mi bemolle maggiore op. 73; Michail Lifits (Germania, classe 1982, allievo di Bernd Goetze e Boris Petrushansky) con un altro Secondo di Rachmaninov. Alla fine dell'esibizione, sempre in diretta, la proclamazione dei vincitori (dal 1° al 6°) della 57° edizione e l'assegnazione di tutti i premi speciali (Premio della critica internazionale, migliore esecuzione del concerto di Mozart, migliore esecuzione della composizione di Busoni, Premio del pubblico, Premio Alice Tartarotti). Se il Premio Busoni venisse assegnato all'unanimità, il vincitore si porterebbe a casa, oltre ai 20.000 euro offerti dalla Città di Bolzano e alle numerose scritture concertistiche, ulteriori 5.000 euro quale premio speciale intitolato alla memoria di Benedetti Michelangeli.
Ci sarà il Primo Premio quest'anno? Noi pensiamo di sì, sempre che la giuria non si trovasse divisa sul nome tra due candidati, come accadde la scorsa edizione che terminò, per questo motivo, con la non-assegnazione del gradino più altro del podio. Le scommesse sono aperte.

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Articolo in collaborazione con Fondazione Busoni

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