Un ballo in maschera secondo Pete Brooks
Un nuovo allestimento apre la stagione lirica del Teatro delle Muse di Ancona
Apre la stagione lirica anconitana un nuovo allestimento di Un ballo in maschera, con la direzione musicale di Guillaume Tourniaire e la regia di Pete Brooks.
Il regista inglese, che ha esordito nella regia lirica nel 2016 con Tosca proprio alle Muse, ha scelto di ripristinare l’ambientazione e i nomi del dramma di Scribe (Gustave III, ou Le Bal masqué) a cui si riferisce la prima, meno nota, stesura del libretto di Antonio Somma: l’azione si svolge quindi in Svezia, alla corte di re Gustavo III, con conseguente mutamento dei nomi dei personaggi: Riccardo è Gustavo III re di Svezia; Renato è il capitano Anckarström; Ulrica è Arvidson, e di seguito Silvano è Christian, Samuel è il conte Horn e Tom il conte Ribbing. Solo i nomi di Amelia e Oscar non subiscono mutamenti.
La lettura di Brooks sposta l’azione agli anni che precedono la prima guerra mondiale: le vicende sono narrate attraverso il ricordo di Gustavo, che in una stanza d’ospedale, morente, rivive in un lungo flashback allucinatorio i fatti che hanno portato al suo assassinio. Il dramma si svolge quindi nella mente di Gustavo morente, e ciò è sottolineato dalla scenografia che rimane sostanzialmente immutata per tutta l’opera e che torna nella stanza di ospedale alla fine. In non pochi momenti l’atmosfera rievoca il teatro espressionista, come nella scena dell’indovina, disabile in sedia a rotelle, accompagnata da due suore: lampi, nubi, corvi sullo sfondo accompagnano il presagio di morte; e il sangue macchia la camicia del re fin dal secondo atto, concretizzazione di tale presagio, allucinazione che si fa reale, scandita da un orologio con le lancette in movimento che misura il tempo che rimane da vivere; sangue abbondante anche sul camice degli infermieri che intervengono al ballo mascherato. La messa in scena quindi non rimane neutra rispetto alla molteplicità dei colori dell’opera (la leggerezza di Oscar, e i toni di volta in volta appassionati, drammatici, sentimentali, violenti, cupi degli altri personaggi) ma spinge su quanto di straniante è già presente nella partitura verdiana (penso alla morte di Gustavo sulle note del minuetto).
Molto bravi tutti i cantanti, tra i quali è svettato il giovane georgiano Otar Jorjikia in Gustavo, splendido tenore verdiano in rapida ascesa, prediletto da Valery Gergiev: oltre alla bellezza del timbro, al perfetto equilibrio sonoro in tutti i registri, al raffinato fraseggio, si è apprezzata la perfetta padronanza della dizione italiana. Notevoli anche la varietà dei toni espressivi di Alberto Gazale in Anckarström e la brillantezza dell’Oscar di Veronica Granatiero. Ana Petricevic è stata una appassionata Amelia, e Anastasia Pirogova una cupa indovina.
Accurato il direttore Tourniaire, sul podio dell’Orchestra Sinfonica Rossini. Ben preparato anche il Coro Lirico Marchigiano “Bellini”, diretto da Arnaldo Giacomucci.
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