Norma nel bunker

Successo al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino per Jessica Pratt

Norma (Foto Michele Monasta)
Norma (Foto Michele Monasta)
Recensione
classica
Teatro del Maggio, Firenze
Norma
09 Marzo 2025 - 16 Marzo 2025

Finalmente Norma ! Il capolavoro di Bellini mancava dalle stagioni fiorentine dal 1978 addirittura (l’edizione Muti-Ronconi con la grande Renata Scotto) e la gioia di riascoltarla è stata tanta. Stavolta, nello spettacolo firmato da Andrea De Rosa, siamo in qualche punto del globo in cui ci sono invasori, con tute mimetiche e gesti e armi del tutto attuali, e invasi, con qualche non meglio precisato carattere tradizionale o etnico o tribale, come si evince da ampi panneggi e capelli lunghi, liturgie e riti, orgogliosa resistenza all’aggressione (ma anche loro poi hanno pistole e mitragliette), fedeltà a se stessi. Lo spazio centrale, volta a volta fortilizio romano o bosco sacro, si solleva al bisogno per rivelare il bunker sottostante dove vivono Norma e i suoi figli. Le attualizzazioni possono piacere o meno, e possono essere più o meno intense e pregnanti (quando più di venti anni fa Robert Carsen fece al Maggio il suo Fidelio, l’attualizzazione era precisa e si riferiva a campi di detenzione e tortura come Abu Graib, con il Lieto Fine risolto con l’arrivo dei caschi blu). Ma alla regia di De Rosa (coadiuvato da Daniele Spanò, scene, Gianluca Sbicca, costumi, Pasquale Mari, luci, Gloria Dorliguzzo, movimenti coreografici) dobbiamo riconoscere di aver colto, con il suo ritmo scenico misurato, l’essenza di una drammaturgia musicale lenta e onirica com’è quella di Bellini, senza ingombrare il tutto di troppe notazioni superflue (ma qualcosa di superfluo e inappropriato c’era, come quando Norma, resasi conto che il seduttore di Adalgisa è Pollione, scaraventa per terra con rabbia le lettere d’amore ricevute da lui) ; il che non ha impedito alla fine qualche contestazione. L’attrazione era costituita ovviamente dalla Norma di Jessica Pratt, che come facilmente prevedibile ci ha consegnato un’eroina “alleggerita” e forse più lirica che tragica, ma così ben giocata sul piano del fascino belcantistico da risultare comunque convincente e ammaliante. Tra l’altro, a vantaggio delle sue corde più belle, Casta Diva era eseguita non nella tonalità abituale di fa ma in quella di sol che sarebbe (il condizionale ci sembra d’obbligo) quella in cui Bellini l’aveva dapprima pensata prima di accondiscendere ad una richiesta della prima interprete Giuditta Pasta. Se per la Pratt questa Norma si allinea ai suoi molti successi fiorentini, la bella sorpresa era costituita dall’Adalgisa di Maria Laura Iacobellis, e non solo per le sue proprie doti di intensità e grande prestanza vocale, ma anche per il modo meraviglioso in cui queste due voci si impastavano tra loro, il che ha conferito un fascino particolare a scene musicalmente splendide e toccanti come il racconto-confessione di Adalgisa nel secondo atto. C’era purtroppo un Pollione molto modesto (Mert Sungu), ma il cast era complessivamente buono, con il solido Oroveso di Riccardo Zanellato e la convincente Clotilde di Elizaveta Shuvalova. Ci ha colpito molto il giovane direttore Michele Spotti, a partire dalla celebre sinfonia che ci è sembrata assai ben azzeccata per il suo equilibrio di leggerezza e accenti drammatici. Pur con qualche piccolo sbandamento nella tenuta degli insiemi, Spotti si è rivelato veramente capace di “accompagnare” e sottolineare le qualità più lunari e sognanti della maniera belliniana. Ottimo successo, con un vero trionfo per la Pratt, la Iacobellis e Spotti, e repliche fino a domenica 16 marzo.

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