Gynt, l'antieroe
Al Théâtre du Châtelet di Parigi

E’ una bella sfida mettere in scena quel doppio capolavoro che è il Peer Gynt, dramma del norvegese Henrik Ibsen pubblicato nel 1867 e inizialmente nato solo per essere letto (Lesedrama), ma poi musicato, su richiesta dello stesso Ibsen, dal più grande compositore norvegese del tempo, Edvard Grieg, e rappresentato per la prima volta a Oslo nel 1876. Capolavoro per il libretto e capolavoro per le musiche di scena, la nuova produzione firmata Olivier Py al Théâtre du Châtelet di Parigi è all’altezza del compito con una traduzione-adattamento del testo di Ibsen da parte dello stesso Olivier Py, dalla versione inglese al francese, che è ottima, attualizzata con intelligenza e ironia, veloce e incisiva; in una messa in scena piena di colori e humour incentrata sull’interpretazione del poliedrico attore-cantante-ballerino Bertrand de Roffignac che non si risparmia in oltre tre ore di spettacolo e rende in modo vivido e simpatico il complesso personaggio del protagonista; sul podio a dirigere l’Orchestre de Chambre de Paris la maestra estone Anu Tali che assicura una precisa esecuzione dei diversi brani musicali, molti assai famosi perché usati anche in film e pubblicità, anche se non molti sanno che sono di Grieg, come il celeberrimo “Il mattino” che all’inizio del quarto atto celebra il sorgere del sole. L’orchestra è a vista, ma posta in fondo al palcoscenico, e questo la fa avvertire a volte lontana e un po’ in secondo piano rispetto al gioco teatrale degli attori.
Ma le parti cantate sono ben realizzate e pienamente godibili, molto curate e con belle voci. A completare l’ambiente sonoro, ci sono poi anche i gradevolissimi suoni della natura creati da Stéphane Oskeritzian. Gioioso anche nelle parti più malinconiche, il nuovo allestimento è efficace nel raccontare le numerose e sfaccettate peripezie di un antieroe, un ragazzo che vuole essere se stesso ma cerca per tutta la vita di capire chi è e cosa vuole. All’inizio sa solo che non vuole sposarsi e lavorare come tutti gli altri ed è la disperazione della madre Aase, impersonata dalla brava attrice Céline Chéenne, dalla recitazione molto naturale, che litiga con il figlio per il suo comportamento ma allo stesso tempo lo giustifica e ama incondizionatamente, molto commovente e poetica la sua morte tra le braccia del figlio pestifero. Amore grande per Peer è anche quello della bionda Solveig, interpretata dalla giovane soprano portoghese Raquel Camarinha, voce appassionata e dolcissima, molto toccante la sua celebre “Canzone de Solveig”, voce purissima, come richiede la parte, che salva Peer dal peggio. Peer, che pur l’ama, ha paura di impegnarsi e parte all’avventura in giro per il mondo sino a quando, oramai vecchio, tornerà al paese natale dove però tutti i suoi amici non ci sono più. Ma prima Peer vivrà nella montagna con i troll, le creature umanoide cattivelle delle foreste nella mitologia scandinava, con la coda come gli animali, che Olivier Py mette in risalto nei divertenti costumi dalle tonalità verde di Pierre-André Weitz che ha firmato pure le semplici scenografie che sono ben silluminate di Bertrand Killy. Sfuggito ai Troll, Peer diventerà un predicatore nel deserto africano, si arricchirà come mercante di schiavi, in America sperpererà i suoi soldi nelle taverne per finire per perdere quel che gli resta in un naufragio. Considerato pazzo diventerà anche l’imperatore dei folli. Tanti personaggi dunque e, a parte Bertrand de Roffignac che interpreta il protagonista ed è praticamente sempre in scena, tutto il il cast ha più ruoli. Cosi Céline Chéenne non solo è sua madre, solo per fare un esempio, ma anche un troll, una scimmia, una figlia del profeta e un passeggero della nave.
Lo stesso regista si mette in gioco e entra in scena come la madre di Solveig, il padre di Mads (l’amico a cui Peer seduce la sposa), un troll e pure l’ufficiale giudiziario. Rispettata quindi nella nuova produzione di Olivier Py la folle commistione di tragedia e commedia, grottesco e sublime, esotismo e folklore, che caratterizza il lavoro di Ibsen-Grieg e che spiega il suo immediato grande successo e il suo fascino perdurante. In più qui con una sottile, assai raffinata, vena umoristica ed il gusto tutto francese per il travestimento. Tra gli altri interpreti, tutti molto bravi, Emilien Diard-Detœuf, Damien Bigourdan, Pierre-Antoine Brunet e Marc Labonnette. Il soprano Clémentine Bourgoin è, in particolare Anitra che seduce Peer con la sua celebre danza. Le divertenti coreografie sono di Ivo Bauchiero che è anche assistente della regia. Alla fine ovazione per tutti.
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