Umbria Jazz 3 | Legend del soul

Il popolare cantante fa ballare l'Arena Santa Giuliana

Recensione
jazz
Debutto a Umbria Jazz per una giovane star tra le più acclamate del soul americano del momento: John Legend. I primi accenni del suo fortunato singolo “Use to Love U” sono sufficienti per instaurare una bella atmosfera con i fan, sempre pronti ad alzare le mani e a far coro per esprimere il proprio gradimento. Ma chi pensa di vedere esclusivamente sbarbatelli e adolescenti nelle prime file si sbaglia. L’età media è tra i 30 e i 40 anni: sono presenti le mamme e i papà entusiasti che per non mettere a disagio i propri figli si trattengono appena dal ballare.

Legend è anche uno stimato scrittore musicale e un ottimo arrangiatore, capace di fondere il sentimento della vecchia scuola del soul con il sapore tagliente dei ritmi hip hop e del moderno r&b. Il suo ultimo singolo di successo è il brano “Who Did That to You”, scritto in collaborazione con Paul Epworth, compositore di “Rolling in the Deep”’, inserito come lead single nella colonna sonora del film di Quentin Tarantino Django Unchained. L’atteso concerto del genietto dell’Ohio inizia puntuale. Lui si presenta in jeans, t-shirt bianca e giubbotto aderente di pelle rossa e quel sorriso un po’ ammiccante e un po’ sensuale che mantiene per tutto il live.
L’Arena del Santa Giuliana è quasi piena, tranne qualche piccola area qua e là, poi occupata dai ritardatari che si sono persi un incipit spettacolare. Le prime file, le zone sotto il palco e quelle sotto il maxischermo si trasformano in piste da ballo. John è compiaciuto e regala senza sosta un concerto di 25 brani che alterna ritmi ora più rockeggianti, ora che invitano a chiudere gli occhi e a dondolare. Si arriva alla fibrillazione con “Wake Up”, quando una ragazza sale sul palco e si fa trascinare in un leggiadro (e disinibito) ballo. In scaletta non mancano delle originali versioni di “Dancing in the dark” di Bruce Springsteen, “Rimanere grande!” di Paolo Fresu, e “Bridge over Troubled Water” di Simon & Garfunkel, interpretate nel suo stile ricercato.

Il main stage di UJ diventa a ogni edizione un laboratorio per sperimentare la versatilità dei grandi nomi di ogni genere musicale, senza mai snaturarli. Una scelta che ha sicuramente avvicinato ed educato diverse generazioni all’ascolto di sonorità che sembravano difficili, soprattutto per i più giovani, ma ha anche innestato nuove linee espressive nel repertorio classico più rigoroso.

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