Artacts, musica improvvisata internazionale oltre il Brennero
La 25esima edizione del festival austriaco dedicato al jazz e alla musica improvvisata

Artacts25, “festival for jazz and improvised music”, St. Johann in Tirol: minaccia neve da queste parti, ma l’aria è più che mai festosa per una manifestazione ‘piccola’ ma tenace che nel corso di un quarto di secolo ha saputo dare spazio al jazz, e ancor più alla musica improvvisata, e che ogni anno richiama a sé una nutrita cerchia di appassionati e appassionate per un lungo weekend in Tirolo verso metà marzo.
Un weekend denso di appuntamenti, anzitutto con ben quattro concerti serali dal venerdì alla domenica nella Alte Gerberei, la vecchia conceria riconvertita a centro culturale, e che – dopo il solo di Susanna Gartmayer giovedì 13 marzo – non poteva trovare migliore inizio, per chi scrive, con il concerto d’apertura di venerdì sera: Gianni Mimmo al sax soprano, Elisabeth Harnik al piano e Clementine Gasser al violocello, tutti ospiti più volte di Artacts, e qui riuniti nuovamente, come “Wild Chamber Trio”, dopo un primo disco nel 2012 (10.000 Leaves, 2012, Not Two Records). Musica da camera wild di nome e di fatto: dialogo timbrico e dinamico a tre, atmosfere cameristiche contemporanee e squarci lapidari e veementi, per una musica sperimentale, creativa, sempre raffinatissima e di ampio respiro. Intesa ai massimi livelli.

Un’intesa che contraddistingue anche il nuovo progetto di Mariá Portugal, l’Erosão Percussion Trio – con il messicano Emilio Gordoa e il germanico Burkhard Beins –, e nel quale accanto al gioco di rimandi, sincronie, contrapposizioni e incastri ritmico-sonori tra i tre percussionisti spicca anche il canto ora lieve ora deciso della titolare del trio, che, ispirandosi in modo personalissimo alla tradizione popolare brasiliana, aggiunge così un ulteriore tassello al percorso avviato alcuni anni fa con la pubblicazione di Erosão (2021, Selo Disco/Fun in the Church). Un trio notevole, ad una delle sue prime, e riuscite, esibizioni pubbliche, che si appresta ora ad iniziare una residenza artistica in Brasile per far crescere il progetto. Ne sentiremo ancora parlare.

Tra vecchia (e ben salda) guardia – pensiamo ad esempio al concerto potentissimo di Steve Swell, Harri Sjöström, Achim Kauffman e Tony Bucks in chiusura della prima serata – e più giovani generazioni, Artacts si pone anzitutto al crocevia tra jazz e improvvisazione, con un’apertura alla musica contemporanea, ed è sempre un’occasione per conoscere artisti che altrove non circuitano entro festival jazz. Come la violoncellista francese Soizic Lebrat, che sabato pomeriggio si è esibita in un solo di grande intensità, in cui l’impianto classico è punto di partenza e di arrivo di sapienti improvvisazioni, all’insegna della ricerca sul suono. Un’artista che si poi potuta apprezzare anche nel trio Rouge, con la clarinettista e cantante Isabelle Duthoit e Yuko Oshima alla batteria, squisitamente complici su traiettorie mutevoli attorno alla voce di Duthoit: suoni interiori da un corpo che ora li trattiene ora li libera violentemente, a tracciare la direzione.
Ma Artacts è anche un’occasione per conoscere più da vicino la vivace scena dei paesi al di là del Brennero, tra cui l’ottimo collettivo austriaco a 9 elementi The.Klingt.Collective, in cui ritroviamo tra gli altri Susanna Gartmayer, o Crop Sequences, anch’esso di base in Austria, ampliato per Artacts25 da trio a quintetto con il contrabbassista brasiliano Vinicio Cajado, e l’italiana Isabella Forciniti all’elettronica. Riuscito amalgama e impasto in cui la batteria di Martin Brandlmayr (già nei Radian) e il contrabbasso di Cajado si incontrano e dettano il passo, e in cui fiati (Thomas Berghammer tromba, Jakob Gnigler sax tenore) ed elettronica – peraltro usata dall’intera formazione – intessono sostanza sonora cangiante, materica, effimera, calda.

La vivacità della scena austriaca del resto la si sperimenta anche con Diving into the Wreck, progetto commissionato dal festival alla clarinettista iraniana Mona Matbouth Riahi, residente a Vienna, con Manu Mayr al basso, Forciniti all’elettronica, e l’apporto di Amir Bahador Ashrafzadeh come visual artist: connubio perfetto di suono e ambiente – un’autofficina in paese, pneumatici, bancali, muri grezzi e attrezzi da lavoro – tra forte uso dell’elettronica, evocazione sonora e visiva di violenti paesaggi sonori industriali e free, e rarefazione di echi orientali.
Un paese generoso verso la musica improvvisata, l’Austria, che ad Artacts spazia tra Europa e Stati Uniti: dal valido duo spagnolo di Jordina Millá (piano) e di Vasco Trilla (batteria, percussioni) tra libera improvvisazione e linguaggio classico-contemporaneo, alle collaborazioni transnazionali, e più idiomaticamente free degli statunitensi Keefe Jackson e Josh Berman (sax tenore il primo, cornetta il secondo) con i norvegesi Jon Rune Strøm e Tollef Østvang (contrabbasso; batteria), per arrivare poi a Bhakti della newyorchese, e quantomai veeemente Zoh Amba, passando per il trio tutto europeo di Luis Vicente (tromba), John Edwards (contrabbasso) e Vasco Trilla. Un concerto propulsivo, quest’ultimo, all’insegna dell’interplay, in cui apprezzare una volta di più la maestria e l’intensità di Edwards, l’apporto ritmico e timbrico di Trilla e gli interventi svincolati da limitazioni tonali o armoniche di Vicente.

Chiusura di festival in bellezza, infine, domenica sera con The Fish, trio dei francesi Jean Luc Guionnet (sax alto), Benjamin Duboc (contrabbasso) ed Edward Perraud (batteria), ad interagire nel solco del migliore jazz d’improvvisazione, e a ricordarci –in primis Perraud con la sua felice urgenza espressiva – quanto il corpo e la fisicità siano elementi a cui non si può rinunciare in questa musica.
Austria terra generosa per il jazz e la musica improvvisata, e felicemente ricca di realtà che – come da 25 anni dimostra la direzione artistica di Artacts a cura di Hans Oberlechner – sanno dare spazio a progetti creativi, accogliere musicisti e, non da ultimo, coltivare il pubblico e il rapporto con il territorio, a partire anche da concerti e workshop per bambini e ragazzi, e da brevi, suggestivi set per un solo spettatore, in una cabina di legno nella piazza di Sankt Johann. Appuntamento, decisamente, all’anno prossimo.

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