Turandot torna al Regio di Parma dopo 13 anni di assenza
Successo di pubblico per la “prima” dell’allestimento con la regia di Frigeni e la direzione di Galli
Debutto nel complesso positivo per la Turandot di Giacomo Puccini che ha aperto venerdì 10 gennaio il nuovo anno della stagione lirica del Teatro Regio di Parma nell’allestimento segnato dalla regia di Giuseppe Frigeni e dalla direzione di Valerio Galli alla guida della Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti e del Coro del Teatro Regio di Parma.
Elemento caratterizzante di questa messa in scena è stata la visione registica di Frigeni, che avevamo già conosciuto al suo debutto al Comunale di Modena nel 2003. In questa versione parmigiana l’allestimento ha confermato – con alcuni felici alleggerimenti simbolici (sparite le sfere luminose, per esempio) – l’elegante segno scenico, frutto di un equilibrio capace di modellare il dato visivo con una sobria essenzialità che ha convalidato l’ideale ascendenza wilsoniana di questa lettura. Un impianto funzionale – compresi costumi, luci e i misurati gesti scenici – dall’inizio alla fine dell’opera: dai massicci e lineari elementi laterali che racchiudono l’azione in un ideale spazio astratto e, appunto, fiabesco, alla grande scalinata la quale, aprendosi e dischiudendosi, diviene ora palcoscenico della crudele disfida amorosa tra Turandot e Calaf, ora scrigno di morte che accoglie e custodisce nelle proprie viscere le teste mozzate degli sfortunati pretendenti e il corpo esanime di Liù, innocente vittima sacrificata sull’altare dell’arida ed egocentrica arroganza dei due protagonisti principali.
Due personaggi, quelli di Turandot e Calaf, assieme differenti ma complementari nel loro egoismo, qui interpretati da una Rebeka Lokar non del tutto efficace nel delineare il carattere vocale del ruolo del titolo e da un Carlo Ventre che, confermando a inizio serata la sua presenza malgrado un’indisposizione, sì è potuto concedere qualche approssimazione interpretativa, strappando comunque l’applauso al termine della celeberrima “Nessun dorma”. Efficace per espressività vocale e presenza scenica la Liù di Vittoria Yeo, mentre ben tratteggiati sono parsi i ruoli di Ping, Pang e Pong incarnati rispettivamente da Fabio Previati, Roberto Covatta e Matteo Mezzaro, così come il Timur di Giacomo Prestia. La direzione di Valerio Galli ha plasmato un dato musicale giocato sui contrasti dinamici e segnato da un andamento un poco disomogeneo, assecondato da un’orchestra la cui compattezza è stata attraversata di tanto in tanto da alcuni squilibri timbrici. Bene il coro preparato da Martino Faggiani, completato dalle voci bianche Ars Canto Giuseppe Verdi guidate da Eugenio Maria De Giacomi.
Alla fine, il pubblico ha tributato un bel successo alla rappresentazione, salutando con lunghi applausi tutti gli artisti impegnati e riservando un calore particolare alle interpretazioni di Vittoria Yeo, Carlo Ventre e alla direzione di Valerio Galli.
Per la cronaca, la serata – che è stata movimentata anche da un falso “allarme-bomba” scaturito dalla telefonata di un probabile mitomane, giunta in teatro a poche ore dall’alzata di sipario – ha rappresentato anche una sorta di anteprima dell’inaugurazione ufficiale di “Parma Capitale Italia della Cultura 2020”, manifestazione che nella giornata di domenica 12 gennaio ha visto anche la presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella al Regio.
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