Trovatore di Oren cerca urgentemente Manrico...

Su una scena (di Pizzi, che firma anche la regia) priva di idee si alterna un quartetto disomogeneo in cui emerge il Conte di Luna di Gazale. Splendida quanto discutibile la direzione tutta in rallentandi di Daniel Oren.

Recensione
classica
Teatro Massimo Palermo
Giuseppe Verdi
06 Dicembre 2002
Un'opera sulla difficoltà del comunicare, Il Trovatore. Può essere una delle tante letture. Evidenziare nei numeri chiusi di cui è costituita l'opera l'incapacità (l'impossibilità?) di generare se non equivoci, scontri violenti. Nel Trovatore di Pizzi questo è il risultato, ma non l'idea. Sembra più che i cantanti vadano allo sbaraglio, cantino verso il pubblico piuttosto che per il pubblico. Non si osservano reciprocamente, ma si compiacciono di affacciarsi sulle due pedane ai lati del boccascena, con una gestualità d'antan fastidiosa e a tratti imbarazzante, quasi sempre in asincrono con le parole. Preferiamo la sana routine, allora, che non garbate improvvisazioni. Un Trovatore costruito sui cromatismi? Può essere un'altra delle letture alternative. Un primo atto tutto in blu e nero (la notte), un secondo rosso (la passione). Ma poi? Terzo e quarto restano irrisolti. Su una scena costituita da due quinte a 90 gradi s'aprono sipari, si disegnano grate, filari d'alberi, interni, pitture seicentesche; s'affollano suorine (quasi fossimo nella Roma felliniana), armigeri in similcuoio, Manrico e il Conte di nero vestiti come ai tempi dei Black Sabbath, Leonora cambia abiti (più ottocento che seicento) e pettinature più d'una valletta sanremese, Azucena (legata come in un bondage soft per giovani signore timide) è costretta ad indossare una parruccona che la rende simile ad una Diana Dors in assenza di shampoo o ad una Platinette senza cotonatura. Spettacolo (regia, scene, costumi) di Pier Luigi Pizzi che più brutto non si può, animato qui e là da fiamme, torce, candele (il fuoco che divampa nei cuori?) e da qualche zingarella-velina che si agita senza convinzione. I quattro grandi cantanti richiesti per quest'opera non ci sono. Ci sono quattro cantanti. Il migliore in campo pare (dico pare, perché in quest'edizione tutti i confini risultano incerti) Alberto Gazale (Conte di Luna); la voce s'impone, il personaggio non è mai grand seigneur ma un vilain che, ad onta del proprio potere, vede frantumarsi ogni suo sogno. Privo di autentico slancio è il Manrico di Alagna; qualche leggero colpo di glottide di troppo, un do (ma lo era veramente?) in una Pira senza ripresa di cabaletta (ma nessuna di esse viene ripresa; brutto vizio, Oren!), una presenza scenica costruita più sui video dei Take That che sul libretto di Cammarano. Molti applausi alla Leonora della Cedolins; pienamente immeritati. La cantante si sta trasformando sempre più in un soprano lirico, in filigrana s'affaccia un vibrato largo, l'ottava bassa è sorda, quella centrale perde smalto e diviene secca, acida; assente ogni emozione, canta le note, si bea di qualche corona, di qualche pianissimo. Ma di personalità, neppure l'ombra. A me ricorda, insomma, la Tonina Torrielli degli anni Cinquanta. Onesta, quanto provinciale. Luciana d'Intino è una ben strana Azucena; la voce è bella, il colore è quello giusto, ma qui e là assottiglia il suono a scapito del senso della frase, allarga in basso con effetti da poitrinaire, chiude le vocali e la dizione s'appanna. Lavorandoci sopra, e liberandosi dell'ombra della Cossotto, potremo avere una magnifica Azucena, prima o poi. Tolto il solido Ferrando di Carlo Striuli, degli altri comprimari si può perdere memoria. Sul podio, Daniel Oren dirige un'orchestra (quella del Teatro Massimo) magnifica per morbidezza di suono (gli archi, mai sentiti cosi' da anni!); certo, è un Trovatore ben strano, privo di furori quarantotteschi ma che - a tratti - pare preannunciare il naturalismo massenettiano; sarà per quel sottolineare la linea melodica, quel suo allargare, rallentare (anche troppo...), alleggerire (magnifico l'accompagnamento a Il balen del suo sorriso o tutto il finale quarto), per un rapsodico intervento degli strumentini a fiato sempre controllatissimi. Certo, è più Oren che Verdi; ma almeno - in questo Trovatore - finalmente un'idea!

Interpreti: Carlo Striuli, Luciana d'Intino, Fiorenza Cedolins, A lberto Gazale, Roberto Alagna

Regia: Pier Luigi Pizzi

Scene: Pier Luigi Pizzi

Costumi: Pier Luigi Pizzi

Orchestra: Orchestra del Teatro Massimo

Direttore: Daniel Oren

Coro: Coro del Teatro Massimo

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