Svilito dalla "tradizione"

Vi sono tutti gli ingredienti per confezionare un ottimo "Trovatore", ma le scelte stilistiche inficiano il risultato complessivo, procurando un'esecuzione senza storia

Recensione
classica
Teatro Comunale Bologna
Giuseppe Verdi
05 Aprile 2005
Era dal 1966 che il "Trovatore" non risuonava a Bologna! Oltre un terzo di secolo d'assenza, a testimoniare nei numeri la difficoltà crescente per un teatro dall'allestire oggi il più melodrammatico dei melodrammi: comunque lo fai, rischi sempre di non soddisfare mai appieno lo spettatore italiano. Per l'occasione, la direzione artistica del Teatro Comunale ha setacciato il meglio disponibile sulla piazza: cinque voci calde, brunite e possenti (Theodossiou, Pentcheva, M. Dvorski, Nucci, Papi) come non è più dato di sentirne spesso e un direttore di chiara fama (Rizzi) che ben conosce le esigenze dei tempi, dei fraseggi e dei colori verdiani. Ed anche l'orchestra si è offerta al meglio. Tanto ben di Dio non viene però sempre messo al servizio di Verdi, ma piuttosto di quella calamità che si chiama "tradizione", come se i 39 anni di silenzio bolognese fossero passati invano. La Theodossiou, ad esempio, vanifica un primo atto lodevolissimo volendolo suggellare con un Re bemolle acuto lanciato malamente, fatto "perché la tradizione vuole che vada fatto", sortendo così un effetto del tutto contrario a quello sperato. La Pentcheva, immemore che "Stride la vampa" altro non è che una canzone intonata quasi sovrappensiero attorno al fuoco, ne fa la scena madre di Azucena, stralunando gli occhi e gonfiando la voce come s'usava 50 anni fa, per ottenere suoni cavernosi e oltremodo vibrati, al limite del ridicolo. Dvorski vive i primi tre atti distrattamente, col pensiero già rivolto all'acuto finale della "pira" (naturalmente in Si), sorvolando su rigore ritmico e intonazione. Con Nucci si tocca poi l'evidenza di un doppio "Trovatore" che ha in repertorio, esibito secondo il teatro in cui si trova a cantare: quello fedele fin nelle scelte minute al dettato verdiano e quello invece consono agli usi tradizionali, proposto nel 2005 esattamente come doveva risuonare per bocca di altri nel 1966. Evidentemente il problema sta nel "manico", come si suol dire. Carlo Rizzi, che debutta a Bologna come nuovo Direttore Ospite Principale, dovrebbe capire che non è approdato in un teatro di provincia ma in una fondazione culturale che intende imporsi come modello propositivo nel mondo musicale italiano. Non è più possibile, nel XXI secolo, in un teatro che ha da poco proposto sin "I masnadieri" col massimo rispetto per la partitura verdiana, continuare a offrire un "Trovatore" d'antan, massacrato di continuo da tagli sconsiderati, che deturpano ogni logica formale, dove le "strette" finiscono per risultare più lunghe delle cabalette mozzate che dovrebbero "stringere" e il canto viene a perdere i suoi spazi vitali. Al grosso del pubblico andrà pur bene anche così, ma un teatro ha il dovere di educarlo, il suo pubblico, compiendo fino in fondo i desideri del compositore: "Voi sapete che sono nemicissimo dei tagli, e dei trasporti di tono. Quando le opere non si possono dare nella loro integrità, come sono state ideate dall'autore, è meglio non darle" (G. Verdi).

Note: Nuova produzione del Teatro Comunale di Bologna in coproduzione con Fondazione Teatro delle Muse di Ancona e Circulo Portuense de Opera ? Coliseu so Porto

Interpreti: Il conte di Luna Angelo Veccia, Leonora Dimitra Theodossiou, Ferrando Alfredo Zanazzo, Manrico Miroslav Dvorski, Azucena Mzia Noradze, Ruiz Enrico Cossutta, Ines Bernadette Lucarin, Un Vecchio Zingaro Raffaele Costantini (22 aprile) Mauro Marchetto (24 aprile), Un Messo Martino Laterza (22 aprile), Roberto Argazzi (24 aprile)

Regia: Paul Curran

Scene: Kevin Knight

Costumi: Kevin Knight

Orchestra: Orchestra del Teatro Comunale di Bologna

Direttore: Carlo Rizzi

Coro: Coro del Teatro Comunale di Bologna

Maestro Coro: Marcel Seminara

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