Quel variegato secondo Settecento

Federico Maria Sardelli e il sopranista Bruno de Sá per un programma molto ben disegnato, fra Sturm und Drang, galanterie e delizie canore, con Mozart, da giovanissimo a autore maturo, come filo conduttore

Federico Maria Sardelli ( Foto Michele Monasta)
Federico Maria Sardelli ( Foto Michele Monasta)
Recensione
classica
Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Federico Maria Sardelli e il sopranista Bruno de Sá
15 Novembre 2024

Fenomenologia della musica del secondo Settecento: ce ne forniva un quadro originale, e al tempo stesso molto ben delineato nelle sue linee e prospettive, il programma scelto da Federico Maria Sardelli per questo suo ritorno sul podio dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, apparsa in forma veramente smagliante per smalto tecnico, ma anche per saper seguire con prontezza e convinzione le intenzioni direttoriali. Per non dire del valore delle prime parti, come si è ben notato nell’aria con il corno obbligato (l’eccellente Alessio Dainese), “Lungi da te, mio bene”, dal Mitridate scritto per Milano dal quattordicenne Mozart. 

Come sempre con Sardelli, non mancavano rarità e riscoperte, come il pezzo che apriva il programma, una breve sinfonia in sol minore composta intorno al 1760 da un esponente della scuola di Mannheim, Johann Anton Filtz, con l’accensione repentina dei consueti tuoni e fulmini e dardi musicali scagliati dall’orchestra nei furiosi Allegri del primo e terzo tempo, e nel mezzo la cerimoniosa galanteria dell’Andante. Ma questa avventura della sinfonia nel secondo Settecento andava poi alla meta con la mozartiana K 543 che chiudeva il programma, di cui abbiamo ascoltato un’esecuzione limpida ed elegante, e nello stesso senso assai comunicativa, una delle migliori di cui abbiamo memoria. 

Un’attrattiva di questo concerto era costituita dalla prima apparizione in questa stagioni e a Firenze del giovane ma già popolarissimo sopranista brasiliano Bruno de Sá, diventato famoso parimenti per la prestanza della sua tecnica nelle agilità, e per la sua rivendicazione anche su parti notoriamente scritte per voci femminili. Senza addentrarci in scivolose questioni di genere vocale, ciò che abbiamo trovato è una più che brillante capacità di articolazione di vocalizzi che ne fa una sorta di Cecilia Bartoli sopranista, a cui non corrisponde però, dovendosi presentare di fronte a un pubblico italiano, una comprensibilità accettabile del testo, e un’adeguata intensità espressiva. E’ uscito dunque benissimo da pezzi di virtuosismo vertiginoso e spettacolare come il ben noto Exsultate, jubilate K 165 di Mozart , e anche nel fuori programma, “In mezzo a mille affanni”, aria mirabolante dal dramma giocoso di Luigi Caruso, Il Fanatico per la musica. Ne è rimasta invece un po’ sacrificata l’aria forse più interessante di questa selezione, “No, non cercar per ora” dal Mesenzio, re d’Etruria del giovane Cherubini (Firenze 1782), che mostrava già certe ipotesi di accentazione tragica che poi diventeranno piena realtà nel Cherubini successivo, e che forse avrebbero meritato una migliore messa in luce. A queste nostre riserve si contrapponeva peraltro il notevolissimo successo che il giovane sopranista ha riscosso presso il pubblico che affollava la Sala Mehta, e che meritatamente è toccato anche a Sardelli. 


 


 



 



 



 

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