Spietata soddisfazione

I Bachi da Pietra e gli Zu: due modi di intendere il terrore in musica

Foto Jacopo Tomatis
Foto Jacopo Tomatis
Recensione
pop
Hiroshima mon amour
28 Febbraio 2009
A chi sostiene che la scena italiana sia in crisi, o magari succursale di altre terre più musicalmente fruttuose, il concerto di Zu e Bachi da Pietra avrebbe annichilito pregiudizi di qualsiasi sorta. Se gli Zu sono ormai una conferma anche sul piano internazionale, i Bachi sono the next big thing del sottobosco nostrano, e dal vivo confermano quanto di buono ascoltato nei tre dischi del duo. Dopo il growl venato di grunge di Last Minute to Jaffna è il turno dei Bachi, che si presentano sul palco con strumentazione minimale: batteria ridotta a timpano-rullante-ride e chitarra acustica (spezzata a metà, peraltro). La tecnica usata è personalissima: percussioni suonate da Bruno Dorella con bacchette, mazze o spazzole a seconda del momento, a gestire tappeti ritmici molto differenziati; chitarra letteralmente percossa a manate, per un suono sordo e cupo che esalta la voce roca e scabra di Giovanni Succi. Pezzi che sorgono dal blues e che precipitano sottoterra affogati in un mal di essere feroce e spietato, con testi adeguati al senso di oppressione sonora prodotto. Assolutamente geniali. Per un duo che fa della sottrazione il proprio credo, un trio che punta a travolgere l'ascoltatore: gli Zu di Massimo Pupillo producono in formazione quasi jazzistica (basso, batteria, sax baritono) un volume sonoro da band metal. Non per nulla si rifanno a un certo metal-prog nordico, declinandolo in una chiave modale che fa della pulsazione ritmica dispari il punto di forza. La potenza e la determinazione con cui i tre suonano i propri strumenti ne fa delle macchine da guerra, capaci di ergere un muro di suono coinvolgente e spiazzante insieme. L'ultimo album "Carboniferous" ha nel live una valenza d'assalto massiccia ed evidente. Si esce annichiliti, e soddisfatti.

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