La Carnia viva di Massimo Silverio

Il cantautore friulano presenta in concerto l’album d’esordio Hrudja

Massimo Silverio
Recensione
pop
Magazzino sul Po, Torino
Massimo Silverio
08 Febbraio 2024

Nel bel mezzo del festival di Sanremo scendo giù ai Murazzi per sbirciare uno scorcio di futuro della musica italiana.

Arriva scortato da una reputazione simile Massimo Silverio, cantautore friulano 31enne incorniciato dall’aura del fenomeno di culto. La si deve a Iggy Pop, niente meno, che ne ha trasmesso un brano durante il suo show su BBC Radio 6 Music, e all’unanime coro di elogi riservati all’album con cui ha esordito a fine novembre, Hrudja, commentando il quale sono state evocate analogie variabili dai Radiohead a Jeff Buckley o ai Sigur Rós: «Impressionante», lo ha definito oltremanica “Mojo”.

Ecco perciò il locale in riva al Po stipato ai limiti della capienza. Il concerto comincia come il disco con “Šchena”: in piedi, Silverio manovra il violoncello e canta in fragile falsetto. L’effetto è straniante, poiché i testi delle canzoni – fatta eccezione per qualche occasionale contaminazione anglofona – sono in carnico: «Ho sempre avuto una forte attrazione per il suono e il significato delle parole che ascoltavo dai miei nonni e genitori. Timbri, melodie e sfumature di senso che non ho più trovato in quelle dei miei coetanei. Così per la mia musica ho usato il linguaggio del cuore, la metrica e il gusto della ‘villotta’ friulana uniti a un suono crudo, evocativo e contrastante», ha spiegato – presentandosi – su Bandcamp.

All’ascolto è lingua straniera, tanto quanto quella di Daniela Pes (volendo suggerire altre affinità, proprio la nuova genìa sarda guidata da Iosonouncane sembra particolarmente pertinente). Allude a un’Italia arcaica, fiondata tuttavia nella contemporaneità: suggestione paragonabile a ciò che al cinema è accaduto con Piccolo corpo di Laura Samani e in letteratura con Magnificat di Sonia Aggio, per rimanere nel quadrante geografico del Nord Est.

Il pubblico accoglie la messinscena in maniera al tempo stesso rispettosa e calorosa: lui risponde con garbo imbarazzato. Imbraccia poi la chitarra elettrica e si avventura nel repertorio ancora esiguo, efficacemente sostenuto alle tastiere dal “rabdomanticoManuel Volpe (produttore dell’album) e alla batteria da Nicholas Remondino.

L’incantesimo dura poco più di un’ora e il cerchio si chiude replicando – al secondo bis – il pezzo d’apertura: fuori pioviggina, quasi come lacrime di commozione. E a proposito di Sanremo, lo ritroveremo là: versante Premio Tenco (doppia chance: opera prima o in dialetto). Si accettano scommesse.

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