Esperimento di messinscena per il Siroe di Haendel, Jorge Leville ha infatti espanso i tradizionali confini della scena invadendo pubblico e orchestra. Nello spettacolo totale la musica mantiene inalterati i suoi connotati grazie alla bravura dei cantanti e, soprattutto, al rigore filologico dell'orchestra diretta magistralmente da Andrea Marcon. Grande successo di pubblico.
È la volontà di realizzare un esperimento a dare forma al "Siroe, re di Persia" di G. F. Haendel, andato in scena, per la prima volta in tempi moderni, ieri sera a Venezia: vivificare i rigidi schemi del melodramma settecentesco restituendo allo spettacolo il dinamismo del teatro vero e proprio. Così nella regia di Jorge Lavelli i tredici metri per trentaquattro, che racchiudono la sala rettangolare della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, hanno accolto sullo stesso livello pubblico cantanti e orchestra, secondo una disposizione che ha permesso il crearsi di più traiettorie di recitazione, in costante collisione con la dimensione degli ascoltatori, ma anche dell'orchestra, divenuta "coro"; all'annullamento della distanza scena - sala ha poi contribuito la scelta dei costumi, cuciti secondo una moda vagamente primi novecento. Riaperta la comunicazione tra spettacolo e spettatore, e questa iniziativa giova soprattutto ai recitativi che si riappropriano del loro contenuto di azione, la rappresentazione si fa più energica, più viva appunto, dotata ora di un senso anche drammaturgico. Nel rinnovamento la musica tuttavia rimane rigorosamente fedele a sé stessa, tanto da rendere quasi paradossale il suo accostamento ad un allestimento così "vicino" a noi. Se infatti costumi e gesto poco hanno a che fare con la misura del primo '700 inglese, a riaffermare quell'età restano comunque le forme e la sonorità della musica di quel tempo: da un lato il rigido strofismo delle arie, unito allo stile vocale arduo ed inclemente che gli interpreti hanno domato con bravura, Jaho Ermonela (Laodice), Lorenzo Regazzo (Cosroe) sono state forse le voci di spicco; dall'altro il timbro ricostruito filologicamente dalla Venice Baroque Orchestra che sotto la direzione magistrale di Andrea Marcon ha fornito una performance di altissimo livello, con una sempre ottima scelta degli stacchi di tempo ed un senso della sonorità che ha restituito a pieno la bellezza della musica di Haendel. Esperimento riuscito? Sì, se questo è servito a rompere le rigide divisioni recitativo - aria; grande successo di pubblico.