Schönberg trasfigurato

Al Festival Aperto di Reggio Emilia intenso viaggio del Mullova Ensemble alla riscoperta di Verklärte Nacht

Verklaerte Nacht (foto Andrea Mazzoni)
Verklaerte Nacht (foto Andrea Mazzoni)
Recensione
classica
Reggio Emilia, Teatro Ariosto – Festival Aperto
Verklaerte Nacht
01 Novembre 2023

È stata una vera e propria riscoperta di Verklärte Nacht, pagina emblematica di Arnold Schönberg, quella offerta qualche sera fa dal Mullova Ensemble al teatro Ariosto di Reggio Emilia nell’ambito del Festival Aperto. Un percorso tracciato attraverso un programma compilato dalla violinista Viktoria Mullova con il marito violoncellista Matthew Barley accostando frammenti musicali che pescavano dai repertori di compositori quali Johann Sebastian Bach, Claude Debussy, Richard Strauss, Béla Bartók e Leoš Janáček, culminando infine nell’esecuzione dell’originaria versione per sestetto d’archi del 1899 della pagina schoenberghiana.

Verklaerte Nacht (foto Andrea Mazzoni)
Verklaerte Nacht (foto Andrea Mazzoni)

Un tragitto dal segno sicuramente personale, che ha condotto passo dopo passo, brano dopo brano al capolavoro di Schönberg grazie ad accostamenti originali che transitavano senza soluzione di continuità dalla perentoria eleganza del Double dalla Partita in si minore BWV 1002 o dell’Adagio dalla Sonata in sol minore BWV 1001 di Bach, cesellati dal violino solo della Mullova (sul palcoscenico con la mano destra fasciata per la frattura di un dito), al Clair de Lune di Debussy, la cui trascrizione per due viole qui proposta è stata forse la prova meno efficace della serata, o al Lied per voce e pianoforte Waldseligkeit op. 49 n. 1 di Richard Strauss, qui proposto per quartetto d’archi nell’arrangiamento dello stesso Barley. Se l’autore del testo del lied straussiano è lo stesso poeta simbolista Richard Dehmel che ha scritto il pometto Verklärte Nacht al quale si è ispirato Schönberg per la sua opera omonima, i rimandi che si intrecciano tra i brani via via proposti e la pagina del padre della dodecafonia assumono nel corso del tragitto di ascolto valenze, se volgiamo, meno dirette ma più oblique e trasversali.

Verklaerte Nacht (foto Andrea Mazzoni)
Verklaerte Nacht (foto Andrea Mazzoni)

Così dall’avvincente dialogo a due tratto dal Bartók dei 44 Duetti per 2 violini siamo passati alla cifra estemporanea delle improvvisazioni che hanno visto protagonista prima il violoncello solo – interpretazione contrappuntata dalla pregnante presenza della danzatrice Ching-Ying Chien, letteralmente insinuata tra Matthew Barley e il suo strumento – seguito dal duo viola e violoncello, per arrivare al clima intenso e “intimo” del terzo movimento del Quartetto d’archi n.2 – “Lettere intime”, appunto – di Janáček.

Un sentiero sonoro contrassegnato da un lato dalle introduzioni elettroniche plasmate da Jasmine Morris, giovane compositrice britannico-giapponese con base a Londra, che ha riletto le atmosfere evocate dal testo di Dehmel e dalla partitura di Schönberg attraverso un impasto timbrico ora denso ora affilato, contrassegnato da una densità materica che si è distesa in occasione dell’ultima sezione in un’apertura sonora più lirica. Dall’altro lato, le coreografie di Joshua Junker hanno visto Ching-Ying Chien protagonista di una danza essenziale e a tratti stilizzata, plasmata dall’alternanza tra scatti dalla emotiva densità e controllate movenze evocanti arti marziali come il Tai Chi. Il tutto stagliato nella penombra di un palcoscenico attraversato in verticale da un elemento visivo – Martin Langthorne design luci e video – che proponeva, nel corso dell’esecuzione, la grande luna in lento movimento, dal basso verso l’alto, accarezzare i rami del bosco evocato dal poema dello stesso Dehemel («Due persone vanno per un boschetto spoglio, freddo / la luna li segue, essi la guardano fissi»).

Verklaerte Nacht (foto Andrea Mazzoni)
Verklaerte Nacht (foto Andrea Mazzoni)

E alla fine di questo percorso la riscoperta di Verklärte Nacht, restituita attraverso un’esecuzione densa e pregna di espressività, dove la trasfigurazione di una banale storia d’amore – quella di una donna che confessa all’attuale innamorato di essere incinta di un altro precedente uomo, e dell’innamorato che la accoglie dicendole «Il figlio che hai concepito / non sia di peso all'anima tua» – si concretizza in una densità timbrica che emerge fin dal tema iniziale, quella frase discendente che scandisce i passi di tue anime amanti sul sentiero di un bosco ideale alla ricerca del loro futuro. Una dimensione espressiva intensa, ben restituita con rodata affinità da parte di un ensemble che vedeva impegnati, oltre a Viktoria Mullova (direzione e violino) e a Matthew Barley (violoncello), Lisa Rieder (violino), Nils Moenkemeyer e Kinga Wojdalska (viole) e Peteris Sokolovskis (violoncello).

Alla fine convinti e meritati applausi da parte del pubblico presente.

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