Rodolfo e Mimì negli Anni Trenta con Jonathan Miller
Una regia vincente che mette d'accordo "modernisti" e melomani vecchio stampo: a Firenze al Teatro del Maggio Rodolfo, Mimi' e C. nella versione Anni Trenta creata nel 1994 da Jonathan Miller, sul podio Roberto Rizzi Brignoli
Recensione
classica
Presentando per la terza volta in sei anni l'edizione '94 di "La Bohème" con la regia di Jonathan Miller (allora con Semyon Bychkov sul podio), il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino è andato sul sicuro: anche stavolta, in un teatro pieno zeppo, lo spettacolo è stato tale da tirare al successo anche quest'edizione musicalmente non proprio impeccabile (va detto che questa prima era fuori abbonamento e mancava pertanto la parte più severa del pubblico). Roberto Rizzi Brignoli, a cui nelle recite di febbraio subentrerà Daniel Oren, ha diretto una "Bohème" nel complesso vivida e affettuosa, un po' "sentimentale" a nostro gusto ma tutt'altro che routinière e ricca di bei colori in orchestra; ma le capricciose accellerazioni e, al contrario, certe linee melodiche o armonie in pianissimo delibate fino allo sfinimento sono andate talvolta a discapito del camminare insieme di buca e palcoscenico. Aquilez Machado e Leontina Vaduva non sono forse un Rodolfo e una Mimì memorabili per tenuta e bellezza di mezzi vocali, ma la Vaduva ha sopperito con intelligenza d'artista e ha fatto almeno un bel terzo atto. Meglio il contorno: i bohémiens, simpatici, esattissimi e vocalmente freschi (Manuel Lanza, Marcello, Fabio Previati, Schaunard, Giovanni Battista Parodi, Colline), l'interessante e vocalmente corposa Musetta di Anna Rita Taliento, la più applaudita, Franco Boscolo nel cammeo di Benoit, e tutti gli altri, fino al coro del Maggio ben istruito da José Luis Basso per la prova del fuoco della scena del Quartiere Latino. Ma ciò che fa la differenza è la bellissima regia di Jonathan Miller, con le scene e i costumi di Dante Ferretti e Gabriella Pescucci. E' una "Bohème" senza crinoline, trasportata cent'anni avanti, al 1930, fra manifesti di Jean Harlow - nella famosa soffitta - e dell'amaro Dubonnet, in un paesaggio urbano che cita il cinema francese degli anni Trenta (quel taglio di luce radente che illumina il pavé nella scena della Barriera d'Enfer !) per farci più vicini a questa storia di grandi freddi, di povertà metropolitana, di liberi amori dolci e disperati. Ma una bella regia non è davvero solo questione di riambientazione: il tenero ingorgo di imbarazzo e desiderio su cui è costruito l'incontro di Rodolfo e Mimì nel primo atto, la geometria dello sconforto disegnata dai movimenti dei personaggi intorno al letto di Mimì nell'ultimo quadro, sono così rigorosi e perfetti da risultare naturalissimi, fino a sparire nella recitazione. Repliche fino al 4 febbraio con questi e altri Rodolfo e Mimì (Miro Dvorsky, Chiara Angella, Fiorenza Cedolins).
Interpreti: Machado/Dvorsky, Lanza/Veccia, Vaduva/Angella, Taliento
Regia: Jonathan Miller
Scene: Dante Ferretti
Costumi: Gabriella Pescucci
Orchestra: Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore: Roberto Rizzi Brignoli
Coro: Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro Coro: José Luis Basso
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