Quanti Schiaccianoci nel Natale romano!
A Santa Cecilia, all’Opera e al Teatro Olimpico tre diverse edizioni del balletto di Čajkovskij
Non è una tradizione così antica, almeno in Italia, ma adesso Lo schiaccianoci fa parte del paesaggio natalizio come Babbo Natale. Quest’anno a Roma lo si è potuto vedere in ben tre diverse edizioni. Prima per cinque recite al Teatro Olimpico con l’International Classic Ballet, una compagnia di danza con base a Madrid. Poi al Teatro dell’Opera per dieci recite, andate esaurite con grande anticipo. E simultaneamente è stato eseguito per tre volte all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, nella grande sala dell’Auditorium piena come non la si vedeva da tempo. Ovviamente in quest’ultimo caso lo si è eseguito in forma di concerto, ma in versione assolutamente integrale e con un famoso direttore, quale indubbiamente merita la musica scritta da Čajkovskij per questo suo ultimo balletto, tanto affascinante per l’immaginazione dei più piccoli, quanto raffinata per le orecchie più scaltrite.
Il direttore in questione era Gustavo Dudamel, di cui ricordiamo ancora il debutto a Roma nel 2006, quando Claudio Abbado, gli cedette la bacchetta durante la tournée dell’Orchestra Sinfonica Giovanile del Venezuela "Simon Bolivar” per dirigere nientemeno che la Sinfonia n. 5 di Mahler: un atto d’indubbia generosità da parte del direttore milanese e anche del pubblico romano, che era accorso per il più grande direttore mahleriano dell’epoca e si adattò ad ascoltare con benevolenza un promettente ma sconosciuto venticinquenne .
Ora Dudamel è dal 2009 Direttore Musicale della Filarmonica di Los Angeles (e nel 2026 passerà alla Filarmonica di New York), ha superato i quarant’anni ed è un direttore famoso, esperto e maturo, ma ha conservato il senso molto fisico del suono, il gusto per i vivaci colori strumentali e per le grandi melodie cantabili che aveva ai suoi esordi. Certamente non mancano le occasioni per dare sfogo a queste sue qualità nello Schiaccianoci, che infatti ha avuto un’esecuzione splendida per quanto riguarda questi due aspetti, complice un’orchestra in gran forma, che schierava musicisti fantastici come Andrea Obiso, Alessio Allegrini, Alessandro Carbonare, Andrea Oliva e via seguitando. Potete immaginare i dialoghi ora delicati come merletti ora squillanti tra gli strumentini, le piccole fanfare da esercito giocattolo, lo slancio melodico e ritmico degli archi nei grandi valzer.
Eppure mancava la magia di questa favola o - per meglio dire - di questo sogno, dove lo schiaccianoci sconfigge l’esercito dei topi, si trasforma in principe, conduce Clara nel regno dei dolciumi, dove regna la Fata Confetto, ecc. ecc. Certamente in un’esecuzione concertistica tutto questo non si può vedere ma si dovrebbe percepire qualcosa di queste magie e per farlo non basta far sentire quanto sia bella e vivacemente colorata l’orchestrazione di Čajkovskij. Anche il direttore dovrebbe fare un miracolo, come quelli chenarra questa fiaba. Comunque si sarebbero potuti curare di più i rapporti dinamici tra gli strumenti, che erano invece un po’ precari, tanto che perfino la tuba faceva talvolta fatica a passare il muro degli archi. E si potevano evitare certi clangori effettistici, come l’eccessiva violenza sonora delle ultime battute.
Ma questi dettagli sembrano non aver turbato la grande maggioranza degli ascoltatori, tra cui le teste canute predominavano more solito. Ma c’erano anche tanti giovani e giovanissimi, sia ventenni sia bambini di sì e no dieci anni. Alla fine gli applausi non finivano mai, ma questo non sarebbe dovuto essere un buon motivo per accendere le luci in sala, facendo intendere che era ora di uscire e privando così gli ascoltatori della gioia di manifestare la propria soddisfazione e gli esecutori di sentire apprezzato il loro lavoro.
La sera prima, ad una replica all’Opera, la direttrice Andrea Quinn aveva chiesto e ottenuto dall’orchestra - anch’essa in ottima forma, come è ormai la regola dopo la triplice cura di Riccardo Muti, Daniele Gatti e Michele Mariotti negli ultimi anni - un’esecuzione meno rutilante ma più delicata ed elegante e soprattutto fiabesca. Ma aveva avuto un’alleata determinante nella coreografia, perché in fin dei conti un balletto, soprattutto un balletto dell’Ottocento, va danzato: lapalissiano. La coreografia era quella di Paul Chalmer, già vista negli scorsi anni. Non è un capolavoro ma sicuramente è uno spettacolo piacevole e vivace, che apporta alla trama originaria alcune modifiche: per esempio, tutta la scena iniziale si svolgeva non intorno al grande albero di Natale che appare magico agli occhi dei piccoli protagonisti ma in un vivace mercatino di Natale popolato da una folla di tipi pittoreschi. Non solo l’orchestra ma anche étoiles, primi ballerini, solisti, corpo di ballo e allievi della scuola di danza dell’Opera hanno confermato i loro notevoli miglioramenti negli ultimi anni, grazie alle cure di Eleonora Abbagnato. Nel complesso uno spettacolo godibilissimo, anch’esso applaudito ad oltranza da un pubblico felicissimo.
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