Prosseda pianista sull'oceano
Il pianista a New York
Giusto sotto il ponte di Brooklyn (Pier 1) si trova una piccola sala da concerto dal grande fascino, su un molo galleggiante. In una grande barca con l’interno in legno, elegante, ottima acustica, il palco ha come sfondo una grande vetrata che guarda i grattacieli di Manhattan. Qui abbiamo ascoltato Roberto Prosseda, celebre pianista che inaugurava la rassegna Piano italiano, da lui stesso promossa e coordinata; una serie di concerti di musica pianistica italiana che ospita giovani talenti provenienti dal Conservatorio di Rovigo, dove Prosseda è professore di pianoforte.
Come si legge dal programma sotto il titolo, al pubblico è stato proposto un viaggio in un Novecento italiano fuori dalle cosiddette avanguardie storiche, e che da esse si distanzia consapevolmente, pur non ignorandole, per una volontà comunicativa e umanistica ben radicata nella tradizione italiana illustre. Si aggiunga che questi sono brani molto rari da ascoltare in concerto ma di alto valore artistico, per comprendere l’intelligenza e la qualità della proposta di Prosseda.
La Sonatina canonica di Luigi Dallapiccola e la Toccata di Goffredo Petrassi venivano poste come grandi colonne introduttive; sono brani non semplici per l’esecutore, per la loro asprezza atonale: la Sonatina contrappuntando un collage di temi paganiniani, non senza richiamare il funambolico virtuosismo che li sostanzia né un certo sulfureo black humour, la Toccata evocando temi meditativi (“Adagio -contemplativo” è l’esergo) sviluppati con maniere di organum secentesco con l’aggiunta di volate e passaggi virtuosistici portati ad altezze siderali, gotiche diremmo, dove il suono si addensa in momenti di energia materica (fa pensare a Prokovief, o a Casella), per alternarsi a sezioni con soggetti e controsoggetti più calmi, su cui riposare il pensiero, quasi a rifiatare, dopo tanto movimento prospettico. La restituzione di Prosseda è interessante e apprezzabile perché non atletica o esteriore - avrebbe potuto, dato lo stile dei brani - bensì affabile e analitica, in pieno controllo, per far comprensibile la trama della scrittura: voci ben scolpite, tocco sottile, mai aggressivo.
Le Greeting Cards di Mario Castelnuovo Tedesco possiamo definirle il pezzo forte del programma, tre di queste in prima esecuzione grazie al generoso sostegno di Diana Castelnuovo Tedesco, la nipote conservatrice dell’archivio ricchissimo di un compositore su cui per fortuna è già in corso una rivalutazione critica complessiva (si ricordi il Convegno internazionale di studi del 2018 alla Sapienza di Roma, “Mario Castelnuovo-Tedesco: l’ignoto iconoclasta”). Sono brevi cartoline d’occasione, scritte in dedica ad amici con un sistema che Castelnuovo Tedesco aveva ideato per tradurre in note le lettere dell’alfabeto. Nascono dunque dai nomi, fra gli altri, di André Previn, Walter Gieseking, Nino Rota, temi anche astrusi, improbabili diremmo, ardui su cui costruire, e dove al contrario si mostra la sapienza e il talento compositivo di un musicista che, secondo le cronache e gli studi, aveva in dote un talento musicale strepitoso (ad esempio era uno straordinario lettore a prima vista), un tango per Previn, Mirages su Gieseking di sapore debussiano, un Angelus con variazioni per Rota. Tutto suonato con estremo gusto e chiarezza.
Appropriata quanto mai nella sala di Barge Music la parte di programma dedicata alla musica di Ennio Morricone, compositore che dopo il recente gran film di Giuseppe Tornatore ha colpito non poco il nostro immaginario, andando a ricostruire una storia in cui il pop, la musica da film, la scuola petrosa, durissima del suo maestro Petrassi lottano e dialogano, e in cui la canzone e la musica da film diventano pura classicità, mostrando la raffinata poesia e la storia umanissima che le innerva. Rimembranze è il primo pezzo che Morricone depositò alla Siae, inedito, concesso dagli eredi a Prosseda, ed è un brano certo acerbo, scuro e perorante, dal sapore lisztiano fin dal titolo, o comunque tardo romantico, dove però non è difficile intravedere l’immaginario extramusicale futuro. In Studio per il piano - forte abbiamo potuto apprezzare le doti di tocco richieste all’interprete, un commento-contrappunto perlato intorno a suoni fortissimi e tenuti, metallici. Rag in frantumi, un rag spezzettato in tanti coriandoli, in completa rupture con forma e stile melodico che distinguono Morricone, ma sempre di ispirazione, diremmo, figurativa, brano a programma per una storia immaginaria di un pianista arrabbiato che riduce in pezzi lo spartito di un Rag per poi essere costretto a risuonarlo leggendolo disordinatamente dai frammenti di carta rimasti.
Infine la suite di temi da film per cui Morricone è celebrato anche nella cultura americana: Nuovo Cinema Paradiso, Metti una sera a cena, Il deserto dei tartari, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, La leggenda del pianista sull’oceano, interpretata con eleganza su trascrizioni dello stesso autore, anche queste inedite e a lui concesse dalla famiglia Morricone; al termine di questo viaggio emergeva la genialità del compositore, e l’ascolto non poteva esimersi dall’andare col ricordo alle sceneggiature, alle storie cinematografiche che questi temi hanno accompagnato, mentre le luci di Manhattan si accendevano, in lontananza, dietro il pianista.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Al Teatro Filarmonico debutta l’opera verdiana in un allestimento del Teatro Regio di Parma
L’opera pucciniana apre con successo la stagione lirica del Teatro Comunale “Mario Del Monaco” con Francesca Dotto grande protagonista