In questi giorni l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo è in tournée attraverso l’Italia: una realtà frequente negli ultimi anni, che ha reso popolare e molto amato anche da noi il suo trentennale direttore principale Yuri Temirkanov. L’abbiamo raggiunta al Ravenna Festival (7 giugno) e al Bologna Festival (9 giugno): fino a 110 strumentisti invadono il palcoscenico, d’intonazione talmente perfetta da produrre un suono denso, fragoroso, che ben si diffonde sotto l’ampia volta del Palazzo Mauro de André, ma che sta stretto nel più ridotto Auditorium Manzoni. Si presentano con due programmi completamente diversi ma di autori soltanto russi, con l’apporto di due violinisti altrettanto distanti. Vadim Repin mette a disposizione del Secondo Concerto di Prokof’ev tutta la sua muscolarità, per un’interpretazione massiccia, volutamente priva di nuances; Leticia Moreno si butta a capofitto nei vortici virtuosistici del concerto ciajkovskijano, affrontato con tempi rapidissimi in un approccio tutto estroverso. L’orchestra pietroburghese, duttilissima come sempre, s’adegua alle mutevoli esigenze delle singole composizioni: “Francesca da Rimini” si carica di una drammaticità di suono che pare tagliarsi col coltello, mentre la Polonaise dell’“Onegin” diffonde luce in sala coi suoi colori sgargianti; “Petruška” e “Schiaccianoci” consentono per vie diverse di mettere in luce le potenzialità delle singole sezioni e particolarmente delle prime parti fra i legni; la maggior emozione è comunque, come sempre, lasciarsi inebriare dalla fila dei violoncelli, dalla tipica cavata di suono maestosa che esce da quegli archetti perfettamente sincronizzati. I due pubblici si fanno travolgere dall’entusiasmo, ottenendo in cambio la classica dose di bis.
Federico Maria Sardelli e il sopranista Bruno de Sá per un programma molto ben disegnato, fra Sturm und Drang, galanterie e delizie canore, con Mozart, da giovanissimo a autore maturo, come filo conduttore