Con il suo impianto drammaturgico grandioso, con un soggetto realista ambientato in un borgo inglese di pescatori, "Peter Grimes" di Benjamin Britten (1945) all'apparenza prolunga in pieno Novecento la stagione naturalista (anzi la fonte del libretto di Montagu Slater è addirittura un poeta della prima generazione romantica, George Crabbe), ma vi trova nuovi e più inquietanti temi ed orizzonti teatrali e musicali. In primo luogo, l'enigma di un protagonista brutale ma forse, piuttosto, orgoglioso e fragile; il silenzio della verità dunque (rappresentato dall'apparizione silenziosa della vittima, il mozzo bambino), ma anche le sonorità britteniane tese ad esprimere in modo così originale, con le affilate e nervose arabescature che caratterizzano soprattutto i celeberrimi Interludi, la natura, le stelle, il vento, il mare spietato ma seducente che alla fine sarà la definitiva via di fuga del protagonista. Quest'edizione del capolavoro di Britten è fra le cose migliori a Firenze nelle ultime stagioni, e davvero, a giudicare dalla prestazione di orchestra, coro, palcoscenico, si direbbe che il teatro di corso Italia si sia preparato con scrupolo ed entusiasmo al debutto operistico fiorentino di Seiji Ozawa. Il grande direttore-mago-folletto giapponese è infatti il trascinatore di quest'esito, interprete ideale della combinazione tutta britteniana di spontaneità ed ermetismo, tra raffinate, prodigiose, precisissime sottigliezze di segno e colore (citiamo almeno il terzo Interludio, con il suo geniale protominimalismo scandito dai disegni puntuti e geometrici degli strumentini) ed inarrivabile energia nello scatenare - ma anche nel dosare, rimanendo sempre volutamente al di qua del rombo e dalla gestualità dell'"operona" - crescendo, respiri, ritmi, sensi drammatici. Molto azzeccata anche la regia di David Kneuss, ben studiata e leggibile nel disporre il rapporto fra individui, ensemble e coralità, sciolta e naturale nella gestualità, inquadrata nella bella scena (e costumi, e luci) di Sarah G. Conly e John Michael Deegan, appunto una rilettura moderna del gusto naturalista, dominata da una grande struttura praticabile a mezz'aria, volta a volta molo, scogliera, luogo deputato del coro del paese. Philip Langridge era un Peter ineccepibilmente complesso, introverso, senza le sfumature ruvide e leonine legate alla tradizione del ruolo; straordinaria Christine Goerke, Ellen, maiuscola vocalmente e nel costruire il personaggio di questa generosa e tormentata calvinista di villaggio divisa fra speranza e senso del peccato. Ma tutto il copioso cast era curatissimo, citiamo almeno Alan Opie (il capitano Balstrode) fra gli uomini e il terzetto della locanda, Zietta e le due Nipoti (Jane Bunnell, Sari Gruber, Sarah Pelletier) fra le donne, per non dire di coro e orchestra, letteralmente galvanizzati dalla presenza di Ozawa sul podio.
Note: nuovo allestimento in coproduzione con Saito Kinen Festival, Matsumoto - Giappone
Interpreti: Peter Grimes: Philip Langridge; Ellen Orford: Christine Goerke; Capitano Balstrode: Alan Opie; Zietta: Jane Bunnell
Nipote 1: Sari Gruber; Nipote 2: Sarah Pelletier; Bob Boles: Mark Schowalter; Swallow: Stafford Dean; Mrs. Sedley: Joyce Castle; Il ragazzo: Kyle Barry
Regia: David Kneuss
Scene: Sarah G. Conly e John Michael Deegan
Costumi: Sarah G. Conly
Orchestra: Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore: Seiji Ozawa
Coro: Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro Coro: José Luis Basso