Pastiche Donizetti per Elisabetta I
A Bruxelles La Bastarda con musiche di Donizetti e Lanzillotta
Due serate, concepite per essere anche fruite singolarmente, che fanno riferimento alle quattro opere di Donizetti ambientate in epoca Tudor - Elisabetta al castello di Kenilworth, Anna Bolena, Maria Stuarda e Roberto Devereux – costruite intorno alla figura di Elisabetta I, la Bastarda, con alcuni dei loro momenti più belli, o funzionali al nuovo intreccio, ricuciti tra loro da interventi parlati, in inglese, e con la scrittura di nuova musica da parte del maestro Francesco Lanzillotta, quindi qui sia in veste di direttore d’orchestra che di compositore. Con anche l’aria “Al dolce guidami” dal secondo atto di Anna Bolena cantilenato che fa pure un po’ da filo conduttore; Il risultato è uno spettacolo bello a vedersi, bellissimi in particolare i costumi di Petra Reinhardt, piacevole da ascoltare anche grazie ad un cast di ottime voci, ma è un lavoro su cui la Monnaie ha investito grandi risorse e la domanda che alla fine sorge è se ne vale la pena. Un’operazione che forse avrebbe funzionato meglio in una sola serata, più lunga, con meno noiosi testi recitati, e si sarebbe anche evitato l’iniziale ripetitivo riassunto in Bastarda2 di quanto avvenuto in Bastarda1. Grazie al “pasticcio” si è voluto mettere in evidenza nuovi, diversi, angoli interpretativi della figura di Elisabetta, del suo intimo sentire in contrapposizione al comportamento formale a cui è costretta dal ruolo, a cominciare da quel essere stata definita bastarda e quindi non sentirsi legittima e legittimata, un sentimento in cui tutti possiamo riconoscerci. Lettura esistenziale intorno a cui il franco-britannico Olivier Fredj ha sviluppato la sua regia proponendo insieme, sempre, un’Elisabetta bambina - la strepitosa, bravissima Nehir Hasret – e oggetti che richiamano l’infanzia accanto all’adulta Elisabetta, e mescolando presente e passato, realtà e memoria, con i personaggi compresenti anche quando temporalmente non potrebberlo essere, aiutati in questo anche da una scena che all’occorrenza si sdoppia in due livelli. La parte di Elisabetta che alla prima, anzi alle due prime, avrebbe dovuto essere interpretata dal soprano greco Myrtò Papatanasiu, è stata infine sostenuta da Francesca Sassu dalla voce chiara e fresca che ha cercato la giusta chiave interpretativa drammatica anche per ben rendere una Elisabetta ormai vecchia e sempre più disperata e tendente alla follia. La figura di Anna Bolena è stata interpretata magnificamente, con tutto il virtuosismo belcantista necessario, dal soprano Salome Jicia, infatti molto applaudita, ed altrettanto è stato per il mezzosoprano Raffaella Lupinacci, nella doppia parte di Giovanna Seymour e Sara, la cui voce si è fatta ammirare per morbidezza e pienezza ma anche per begli acuti. Il soprano Lenneke Ruiten è stata invece una delicata Maria Stuarda, molto dignitosa nel suo ruolo. Da citare poi anche la buona prova di Valentina Mastrangelo nel ruolo di Amy Robsart, la prima moglie di Leicester, quest’ultimo interpretato, con il solito impeto, da Enea Scala. Per vestire gli ingombranti panni di re Enrico è stato chiamato il bravo basso Luca Tittoto, quelli di Roberto Devereux invece sono stati affidati al sempre pammirabile Sergey Romanovsky. La parte di Smeton, che in Anna Bolena è cantata da un contralto, qui è stata affidata al controtenore australiano David Hansen, bravo a recitare ma dalla voce sgradevole che sembra faccia più la parodia di un controtenore. Oltre Smeton, gli altri due personaggi a cui è affidato il ruolo di narratori e un po’ anche di maestri di cerimonie, molto di gusto inglese, con tante citazioni pedanti di date, sono infine l’autorevole Gavang Ring e il disinvolto Bruno Taddia. Ad affollare la scena, oltre le sembra oramai immancabili proiezioni video, anche gli interventi coreografici di Avshalom Pollak, in stile moderno e spesso poco omogenei con il resto del visuale, in cui si confondeva, vocalmente anche con qualche sbavatura, la presenza del coro istruito da Giulio Magnanini. La messa in scena comprende anche i palchi laterali dove si affacciano alcuni interpreti, invade la sala, dove sono state tolte appositamente molte poltroncine, una passerella si forma anche sopra il direttore d’orchestra, e molti figuranti continuano le loro esibizioni durante l’intervallo, perché la festa annunciata in scena vuole continuare coinvolgendo anche il pubblico che, oltretutto, viene anche chiamato più volte ad alzarsi in piedi per onorare la sovrana, e chi resta seduto non vede più nulla per alcuni minuti. Nella seconda sera la prestazione dell’orchestra è apparsa più fluida e precisa ben integrando i brani scelti dalle opere originali con le brevi parti scritte per l’occasione da Lanzilotta sia in stile donizettiano con quelle in stile contemporaneo con l’utilizzo semplice ma efficace delle percussioni. Bastarda2 è complessivamente meglio riuscita, il suo finale, con la morte di Elisabetta tra una cascata di coriandoli dorati, è tra i momenti più belli e intensi dell’intero spettacolo.
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