Parma incorona la “regina” Mariella Devia
Grande successo per la Devia, protagonista di Roberto Devereux di Donizetti, che torna al Regio dopo 178 anni
Seguendo Mariella Devia in occasione della “prima” di Roberto Devereux, opera donizettiana ritornata al Regio di Parma dopo 178 anni di latitanza, è venuta alla mente la celebre frase che Anna Magnani avrebbe detto al suo truccatore: «Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. C'ho messo una vita a farmele!».
Il parallelo tra le due grandi artiste scorre dalla recitazione al canto grazie a una voce che, in questa occasione, si è rivelata in tutta la sua classe: da un lato non nascondendo gli anni – evitiamo ipocrisie – e dall’altro dimostrandosi capace di restituire il personaggio di Elisabetta attraverso una intensa drammaticità, plasmata grazie a una padronanza tecnica piegata a tutto vantaggio di una forte valenza espressiva. Un personaggio complesso, quello restituito in questa occasione dalla soprano, che ha saputo rappresentare la parabola emotiva di una regina all’inizio potente e che si ritrova alla fine amante ferita, debole, sola, sconfitta. Un’interpretazione che è valsa alla Devia un calorosissimo successo personale tributato da un pubblico che ha dimostrato peraltro di apprezzare, in generale, l’intero spettacolo.
L’opera è andata in scena nell’allestimento coprodotto con il Teatro Carlo Felice di Genova e il Teatro La Fenice di Venezia, con una regia curata da Alfonso Antoniozzi la quale, pur in un impianto segnato da una discrezione e una misura estremamente rispettose nei confronti dei cantanti, è parsa oltremodo statica – in linea con le scene di Monica Manganelli e le luci di Luciano Novelli – e poco funzionale a vivacizzare una narrazione drammaturgica che avrebbe invece bisogno di piani di lettura più mossi. Un quadro nel quale non hanno giovato alcuni elementi quali la ridondante presenza del giullare, la prigione dov’era rinchiuso Devereux che ricordava una voliera per uccelli e la “trovata” un poco smaccata di trasformare il lungo strascico della vestaglia della regina in un incombente arazzo raffigurante l'Inghilterra.
Il dato musicale è stato gestito con consapevole personalità da Sebastiano Rolli alla guida di un’Orchestra dell’Opera Italiana che ha restituito un impegno segnato da qualche imprecisione, mentre sul palcoscenico tra i protagonisti, oltre alla Devia (Elisabetta), è emersa soprattutto la Sara di Sonia Ganassi, ben tratteggiata grazie a una vocalità piena e capace di delineare quelle sfumature che raffigurano il carattere al tempo stesso drammatico e forte di questo personaggio. Tra i ruoli maschili Stefan Pop ha offerto un Roberto Devereux saldo ma uniforme, mentre Il Duca di Nottingham di Sergio Vitale è parso un poco opaco, specie nel primo atto. Nel complesso solido il coro preparato da Martino Faggiani.
Alla fine il caloroso consenso del pubblico ha salutato, come già ricordato, l’intero spettacolo, con applausi particolarmente calorosi nei confronti della Ganassi e di Pop e culminati nel vero e proprio trionfo tributato alla Devia.
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