Nero don Carlo

Robert Carsen firma la regia dell’opera verdiana a Strasburgo

Recensione
classica
Opéra National du Rhin (Strasburgo)
Giuseppe Verdi
17 Giugno 2016
Se è vero che la clericalissima imperatrice Eugenia abbia distolto lo sguardo sentendo quel secco “Tais-toi, prêtre!” rivolto da Filippo II al Grande Inquisitore (tradotto in un meno spigoloso “Non più, frate!” nella versione italiana), probabilmente la sovrana avrebbe lasciato la sala assistendo alla nuova produzione del “Don Carlo” verdiano firmata da Robert Carsen per Strasburgo. È tutta giocata sull’oppressivo ruolo della Chiesa, silenziosa e onnipresente, nel nerissimo regno di Filippo II, che viene persino bardato come un papa (nero) con tanto di tiara nella scena dell’autodafè. Sì perché è tutto nero sulla scena disegnata da Radu Boruzescu, così come neri sono gli austeri costumi senza connotazioni temporali di Petra Reinhardt, quasi che il colore delle tonache clericali si riflettesse sul mondo di Filippo e Carlo, come Amleto spesso in compagnia di un teschio. È fatto di immagini molto forti questo nuovo spettacolo di Carsen, più scabro e cupo come mai prima. Molto forte è la scelta del moderno autodafè dove non si bruciano corpi ma libri e chi dissente viene eliminato con un colpo alla nuca. Convince meno l’idea di stravolgere il libertario e illuminista Posa, che ha certamente più di un elemento di ambiguità, trasformandolo in un traditore di ogni causa e alleato con le forze oscure (leggasi il Grande Inquisitore) per brama di potere: eliminato facilmente Don Carlo e giustiziato sbrigativamente Filippo, Posa è il nuovo caudillo in un finale degno di una spy story. Discutibile. Sul piano vocale, malgrado un cast ideale sulla carta e un encomiabile impegno di tutti, non tutto torna. L’imponente Stephen Milling canta ma non scava troppo nelle tensioni interiori di Filippo, così come Elza van den Heever non va molto oltre la prova professionale, peraltro con qualche discontinuità nella resa vocale e salti di registro a dir poco faticosi. Convincono di più Tassis Christoyannis, maturo e cupo Posa, Andrea Caré, un Carlo vocalmente brillante ma poco “amletico”, e Elena Zhidkova, la cui Eboli, maitresse regale fin troppo esplicita sélon Carsen, cresce nel corso della serata e si impone con un imperioso “O don fatale”. Fra gli altri, Ante Jerkunica è un Inquisitore vigoroso, funzionale all’attivismo interventista pensato da Carsen. Dal podio Daniele Callegari assicura fluidità al discorso musicale e cura con attenzione i colori dell’orchestra verdiana, sostenuto dall’Orchestra Filarmonica di Strasburgo in buona forma. Corposa la presenza del coro dell’Opéra national du Rhin guidato da Sandrine Abello. Teatro pieno per l’ultimo appuntamento di stagione e risposta entusiastica, con solo qualche isolato fischio a Carsen.

Note: Nuova produzione dell’Opéra national du Rhin. Date rappresentazioni all’Opéra di Strasburgo: 17, 19, 21, 23, 25 28 giugno. Alla Filature di Mulhouse: 8 e 10 luglio.

Interpreti: Stephen Milling (Filippo II), Andrea Carè (Don Carlo), Tassis Christoyannis (Posa), Ante Jerkunica (Il Grande Inquisitore), Elza van den Heever (Elisabetta di Valois), Elena Zhidkova (La Principessa Eboli), Patrick Bolleire (Un frate), Rocío Perez (Tebaldo), Camille Tresmontant (Il Conte di Lerma), Francesca Sorteni (Voce dal cielo), Diego Godoy-Gutiérrez (Un araldo reale)

Regia: Robert Carsen

Scene: Radu Boruzescu

Costumi: Petra Reinhardt

Orchestra: Orchestre philharmonique de Strasbourg

Direttore: Daniele Callegari

Coro: Choeurs de l'Opéra national du Rhin

Maestro Coro: Sandrine Abello

Luci: Robert Carsen et Peter Van Praet

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