A Nantes la Traviata muore sola

Discussa regia di Silvia Paoli

La Traviata (Foto Delphine Perrin  ANGERS NANTES OPERA)
La Traviata (Foto Delphine Perrin ANGERS NANTES OPERA)
Recensione
classica
Teatro Graslin di Nantes
La Traviata
14 Gennaio 2025 - 21 Gennaio 2025

Una scelta scenicamente forte, ma musicalmente discutibile, quella di far morire sola Violetta lasciando i Germont, figlio e padre, cantare fuori scena. Una scelta che evidenzia la solitudine della Traviata e sopratutto il fatto che il suo amore, il suo desiderio di cambiare vita, sia stato solo un’illusione, un sogno irrealizzabile. Un tale sovversivo finale, proposto dalla giovane regista fiorentina Silvia Paoli per la stagione dell’Opera di Nantes in Bretagna, ha scandalizzato alcuni, ma è comunque indubbiamente di grande effetto, come un pugno allo stomaco, ed infatti la sala, sino ad allora tiepida di apprezzamenti, è scoppiata in un fragoroso applauso finale. Merito anche della bravura interpretativa del soprano Maria Novella Malfatti, voce potente e drammatica, che eccelle nel finale, mentre il suo timbro un po’ scuro meno si adatta alla prima parte dell’Opera pur mostrando sufficiente virtuosismo, ma il fraseggio è da migliorare, nell’ultimo atto sfoggia anche ammirevoli pianissimo che sviluppa verso le note alte con grande maestria ed eleganza, si sente sempre pure molto bene, potente, anche in tutte le posizioni sfavorevoli alla proiezione della voce in cui la regista la piazza. La Malfatti si è alternata nella parte con la croata Darija Auguštan. Il finale solitario di Violetta, oltre a valorizzare il soprano protagonista, in questo caso specifico aiuta anche il tenore che interpreta Alfredo, Giulio Pelligra, bel timbro e buoni acuti, anche se non sempre certi, ma che un po’ scompare accanto ad una tale possente Violetta e nei pezzi con il coro, perché da fuori scena invece infine la sua voce arriva amplificata, forte e chiara. Pelligra si è alternato nel ruolo con Francesco Castoro. Meno efficace da dietro le quinte risultano invece le ultime battute di Giorgio Germont interpretato dal baritono greco Dionysios Sourbis che invece sino a quel momento era apparso impeccabile, adatto e sicuro nella parte malgrado la giovane età, dall’ottima pronuncia italiana e fraseggio curato con parole scolpite e cariche di senso. Anche a Germont padre la regista riserva una chiave di lettura nuova, pure un po’ sconcertante, facendolo duettare con Violetta e distruggere il suo sogno d’amore, mentre si serve tranquillamente il tè, a sottolineare la sua superficialità e ipocrisia. Violetta è presentata come una diva del palcoscenico, e l’elegante salone di casa sua diventa qui invece la hall del teatro dove si festeggia in modo un po’ debosciato la fine di un suo spettacolo. Le scenografie di Lisetta Buccellato, malgrado le buone luci di Fiammetta Baldisseri, comunicato un senso di povertà, sono bruttine e tristi, anche se si vivacizzano nel secondo atto con una serie di teli coloratissimi per richiamare la casa in campagna, e l’ultimo telo svela una parete a specchio, come a dire che ormai tutte le illusioni sono cadute e Violetta adesso deve confrontarsi irrimediabilmente con sé stessa. Nell’ultimo atto non c’è letto o divano, solo un grande cuscino poggiato per terra che Annina, ben interpretata da Marie-Bénédicte Souquet al massimo sorregge come una spalliera umana. Tutto lo spettacolo gioca poi sull’ambiguità uomo-donna, già dalla prima scena con i ballerini, indipendentemente dal sesso, tutti in tutù e le coreografie di Emanuele Rosa sono ironiche e divertenti. Alla festa a casa di Flora, il mezzosoprano Aurore Ugolin che gioca bene la carta dell’ambiguità, gli uomini hanno il gonnellino di tulle e le donne, compresa Violetta , sono in pantaloni. Il colore dominante della festa è il nero, per gli invitanti e zingarelle e toreador, all’inizio sembra bizzarro ma, considerato come finisce la serata l’uso del colore del lutto poi appare come un’anticipazione della tragedia che si sta per consumare. Gli amici spogliano Violetta dagli abiti maschili e la lasciano soltanto con una camicia, che si rivela lunga, che sarà il suo ultimo abbigliamento. I costumi sono di Valeria Donata Bettella, sono belli e contribuiscono efficacemente alla narrazione diversa che si sta portando avanti. Nulla di nuovo invece sul piano musicale, con la direzione dell’Orchestre National des Pays de la Loire da parte del maestro Laurent Campellone, attualmente direttore generale dell’Opéra de Tours e considerato specialista del repertorio francese, che gioca sopratutto sui tempi ma a volte, per dare ritmo, accelerando troppo. Il coro d’Angers Nantes Opéra diretto da Xavier Ribes è piacevole da ascoltare e ben integrato nello spettacolo.  E’ una coproduzione Angers Nantes Opéra, Opéra de Rennes, de Tours, de Nice e dell’Opéra Orchestre National Montpellier Occitanie.  

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