Morgan sconcerta
Il neodivo televisivo scherza facile con le canzoni
Recensione
pop
Valutare la performance di Morgan in concerto, in questo momento, è come parlare di un dito che indica qualcosa nella nebbia. Il neo scrittore e ormai personaggio televisivo Marco Castoldi, da quando è passato alla carriera solista, ha preso a cuore la causa della canzone italiana in modo disordinato: adora il passato, recente e più remoto. Vorrebbe utilizzarne gli stilemi e i metodi compositivi, che studia anche in concerto, ma forse non sa di preciso come. Per la seconda data al Folkclub sceglie un inizio faceto: entra mangiando una banana, che diventa "Sunday Morning", stappa una Coca Cola suonandone le note del jingle natalizio, scivola sulla propria "Animali familiari" con impeto e caos. A parte un paio di altri suoi pezzi, una citazione di "Fuori dal tempo" dei suoi Bluvertigo ("ti piacciono i fiori? se fossi un pittore dipingeresti dei fiori?" e via così sul questionario del militare declamato) e la chiusura con quell'"Altrove" che rimane il suo episodio migliore, Morgan si dedica esclusivamente a cover - soprattutto italiane tra i '50 e i '60 - scelte con situazionismo compulsivo. Talmente frettoloso che diversi brani finiscono tritati sotto un pianismo honky tonk, lasciando palesare amnesie esecutive disarmanti (una "Inverno" per cui Faber sarebbe davvero rabbrividito su tutte): almeno non stiamo assistendo a Bolton che mette in bella calligrafia classici senza tempo. L'invidiabile primato di rompere una corda del pianoforte durante "Il mio mondo" di Bindi (!) rende l'idea di una urgenza incontrollabile e seppur oggi necessaria: la canzone d'autore va rivista e riutilizzata, Morgan si propone come suo paladino e forse ha i mezzi per farlo. Ma deve trovare il giusto metodo.
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