L’omaggio del Teatro La Fenice a Puccini

Al Teatro La Fenice la ripresa della “Turandot” nell’allestimento di Cecilia Ligorio con un cast musicale quasi interamente rinnovato 

Turandot (Foto Michele Crosera)
Turandot (Foto Michele Crosera)
Recensione
classica
Venezia, Teatro La Fenice
Turandot (Foto Michele Crosera)
03 Settembre 2024 - 18 Settembre 2024

Nuvole cupe si addensano sul cielo del Teatro La Fenice. I sindacati compatti attaccano la “cronica incapacità della Direzione del Teatro La Fenice di mantenere corrette relazioni sindacali, rendendosi spesso protagonista di atteggiamenti lesivi nei confronti dei lavoratori”, mentre la Direzione rifiuta le richieste definite irricevibili. Salta così la pax sindacale che ha garantito al teatro lirico veneziano risultati importanti negli ultimi anni, proprio mentre il mandato del sovrintendente Fortunato Ortombina è agli sgoccioli e grande è l’incertezza su chi ne raccoglierà il testimone a sei mesi dalla sua partenza definitiva dal teatro. Nell’immediato, è saltata la prima della Turandot il 30 agosto ma a rischio è anche la prima del dittico La fabbrica illuminata di Nono e Erwartung di Schönberg il prossimo 13 settembre, mentre la minaccia si estende anche alla nuova stagione con la prevista inaugurazione nel segno dell’Otello verdiano.

Slitta dunque di qualche giorno l’apertura di sipario della Turandot, spettacolo del 2019 ripreso in occasione del centenario pucciniano, celebrato piuttosto sottotono al Teatro La Fenice, che ha messo sul piatto anche una vecchia Bohème firmata nel 2011 da Francesco Micheli e il concertone “Omaggi a Puccini dal mondo” in luglio a Piazza San Marco, quest’anno in formula nazionalpopolare come l’ormai tradizionale concerto di Capodanno. Torna dunque il lieve spettacolo di Cecilia Ligorio, a basso contenuto di cineserie di tradizione nelle dimesse scelte scenografiche di Alessia Colosso, che inquadrano nella cornice di proscenio con un tocco di esotismo déco il palcoscenico vuoto, illuminato abilmente dai giochi di luce disegnati da Fabio Barettin, con soli pochi elementi simbolici nel fondale (una grande luna scimitarra nel primo atto e un grande disco dorato nel trionfale finale). Spettacolo piuttosto lineare nella drammaturgia e povera di invenzioni, si concede qualche guizzo solo nel variegato guardaroba assemblato da Simone Valsecchi per gli interpreti, dalle varianti Giappone medievale per i due protagonisti Turandot e Calaf (e Altoum), completi rosso sangue per il trio di ministri, trench e carpetta per il Mandarino, e abiti anonimi per il popolo tutti neri fino alla morte di Liù e tutti bianchi per il luminoso finale. 

Quasi completamente rinnovata, invece, la locandina musicale che ha in Saioa Hernandez e Roberto Aronica due protagonisti che sembrano scelti soprattutto in funzione del muscolare duettone del finale Alfano (tagliato) scelto per questa versione, anche se la Hernandez qualche morbidezza di fraseggio lo concede ne “In questa reggia”. Più che dignitosa è la Liù di Selene Zanetti, che sconta qualche difficoltà negli acuti, ma strappa l’applauso con il suo “Tu che di gel sei cinta” (mentre il “Nessun dorma” di Aronica passa sotto il silenzio del pubblico), mentre Timur ha la classe vocale e scenica di Michele Pertusi. Buona nel complesso la prova, nonostante qualche impaccio, del trio dei ministri che sono Simone Alberghini (Ping), Paolo Antognetti (Pong) e Valentino Buzza (Pang), gli ultimi due già presenti nel primo ciclo di questa Turandot, come anche Marcello Nardis, un Altoum particolarmente fragile, e Armando Gabba, mandarino impiegatizio come da regia. Qualche titubanza nel Coro del Teatro La Fenice, che, comunque, si impone per autorità di suono specie nel finale trionfale, affiancato dai Piccoli Cantori Veneziani piuttosto evanescenti. 

Per questa ripresa il direttore d’orchestra Francesco Ivan Ciampa mette alla prova il proprio rodato mestiere, soprattutto in quest’opera dopo le recenti recite a Macerata e a Verona. Non lesina sui fortissimi ma non trascura nemmeno più di una preziosità di scrittura della penna pucciniana nei momenti più intimi, nei quali l’Orchestra del Teatro La Fenice mostra le sue qualità migliori. 

Pubblico numeroso e applausi entusiastici per tutti. 

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Madrid: Haendel al Teatro Real

classica

A Roma, prima con i complessi di Santa Cecilia, poi con Vokalensemble Kölner Dom e Concerto Köln

classica

Federico Maria Sardelli e il sopranista Bruno de Sá per un programma molto ben disegnato, fra Sturm und Drang, galanterie e delizie canore, con Mozart, da giovanissimo a autore maturo, come filo conduttore