L’eleganza del violoncello “francese” di Maisky
A Parma la Filarmonica Toscanini guidata da Kristjan Järvi ha accompagnato Mischa Maisky in pagine di Fauré e Saint-Saëns, per poi dedicarsi alla Sinfonia n. 2 di Sibelius
Una sottile eleganza ha attraversato il programma proposto qualche sera fa in occasione in un appuntamento della stagione concertistica della Filarmonica Arturo Toscanini di Parma che vedeva impegnati Kristjan Järvi, direttore ospite principale alla guida della compagine strumentale, e Mischa Maisky, protagonista in questa occasione del primo appuntamento della sua residenza triennale con la fondazione parmigiana.
Tutto francese il repertorio proposto nella prima parte del concerto, con il violoncello di Maisky intento a tratteggiare una personale lettura di alcune tra le pagine più emblematiche di Gabriel Fauré e di Camille Saint-Saëns. In apertura di serata l’Élégie in do minore op. 24 di Fauré ci ha introdotto alla peculiare identità interpretativa dello stesso Maisky, grazie al carattere di misurata raffinatezza che connota questa pagina pensata in origine con accompagnamento di pianoforte nel 1880 e poi orchestrata sedici anni più tardi. Una partitura nella quale è emerso da subito il segno timbrico del violoncello dell’interprete lettone, caratterizzato da un suono distillato, attraversato da una pregnanza timbrica tutta giocata sulle sfumature che il musicista ha saputo evidenziare sia nei tratteggi più lirici sia nei passaggi più composti.
Un carattere confermato anche nel seguente Concerto per violoncello n. 1 di Saint-Saëns, brano del novembre 1872 la cui prima esecuzione è avvenuta alla Sala dei Concerti del Conservatorio Nazionale di Musica di Parigi il 19 gennaio del 1873. Nel suo equilibrio tra la scansione tripartita della composizione e il fluire dei tre movimenti l’uno dentro l’altro senza soluzione di continuità, quest’opera restituisce in maniera emblematica il profilo creativo di un musicista capace di coniugare da un lato rimandi a una compostezza dal gusto classico e dall’altro una originale vivacità di invenzione sempre misurata e, al tempo stesso, pregnante. Un’alchimia che il gesto interpretativo di Maisky ha saputo valorizzare grazie a un fraseggio elegante ed espressivo, confluito in quella originale miscela scaturita tra la lirica cantabilità e il serrato virtuosismo che intride il terzo movimento “Un peu moins vite”, il tutto assecondato da una compagine orchestrale che ha saputo partecipare al discorso musicale con una presenza attenta ed efficace.
Dopo l’intesa Sarabanda bachiana concessa da Maisky quale fuori programma prima dell’intervallo, proprio l’orchestra guidata da Järvi è stata la piena protagonista della seconda parte della serata, che ha proposto la Seconda Sinfonia in re maggiore op. 43 di Jean Sibelius. Opera con la quale il compositore finlandese si affaccia al “secolo breve” – fu infatti composta nel 1901, durante un soggiorno del musicista a Rapallo, ed eseguita per la prima volta l’8 marzo 1902 a Helsinki – questa pagina presenta quella densità di scrittura che caratterizza la visione stilistica di questo musicista, capace di irrorare intuizioni espressive dall’originale personalità una materia sonora nella quale vengono miscelati rimandi che possiamo ricondurre a un ideale equilibrio indagato in generale tra classicismo e romanticismo, e in particolare tra il sinfonismo beethoveniano e cajkovskiano.
Una cifra musicale densa, attraversata da scarti decisi così come da osai più decantate, dispiegata nel corso dei quattro movimenti con bella espressività da parte di una lettura che Järvi ha saputo tratteggiare con la sua caratteristica gestualità plastica e partecipata, guidando una compagine orchestrale reattiva, specie nel valorizzare quella variegata combinazione timbrica che questa partitura sollecita nel coinvolgimento delle differenti classi strumentali.
Un’esecuzione segnata, nel complesso, da un tratto dinamico e compatto, che ha raccolto il plauso caloroso e convinto del pubblico presente all’auditorium “Paganini”.
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