L’anima di Lulu 

L’Oper Frankfurt presenta un nuovo allestimento di “Lulu” di Alban Berg 

Lulu (Foto Barbara Aumuller)
Lulu (Foto Barbara Aumuller)
Recensione
classica
Frankfurt am Main, Oper Frankfurt (Opernhaus)
Lulu 
03 Novembre 2024 - 28 Novembre 2024

Dopo l’apertura con Der Prinz von Homburg  di Hans Werner Henze, l’Oper Frankfurt continua con Lulu di Alban Berg la programmazione sul proprio palcoscenico principale di lavori di grande impegno. Del resto al “miglior teatro lirico” per otto volte, un titolo ben sbandierato in teatro e nei manifesti in città, questo si deve chiedere. 

I principali protagonisti dell’opera sono già schierati davanti al gigantesco cilindro che nasconde la scena mentre ancora gli spettatori prendono posto in sala. I costumi dai colori tenui e luminosi come in un catalogo di moda di primo Novecento immaginato da Irina Spreckelmeyer danno un po’ la chiave di questo nuovo allestimento al curato dalla regista Nadja Loschky, che sceglie i toni di una commedia un po’ surreale e un po’ leggera come certe insensate farse francesi nonostante la cupezza del soggetto originale. I tableaux della discesa agli inferi della protagonista accompagnata dal suo doppio (ossia da “Anima” secondo quanto informa la locandina) scorrono fluidamente come le grandi pareti curve che, ruotando, rivelano i diversi ambienti disegnati da Katharina Schlipf attraverso essenziali elementi di attrezzeria in maniera coerente con quanto suggerito dal libretto: le tele (profeticamente sanguinanti) dell’atelier del pittore, il bagno della sua casa, un enorme specchio da trucco rotondo per il teatro di varietà della Lulu ballerina, un grande tavolo da pranzo per la casa del dottor Schön (su di essa il disgraziato consorte sarà macellato), la Parigi vista quasi un casinò dove o si vince o più facilmente si perde tutto, e una catasta di mobili per la dimora estrema dove si conclude il percorso di Lulu. 

Non c’è traccia invece del riassunto filmico della prigione, il vertice della parabola esistenziale della protagonista, immaginato “futuristicamente” da Berg ma espunto da questo spettacolo, piuttosto patinato e molto gradevole, che tende però a ottundere le molte spigolosità espressionistiche dell’opera berghiana. Punto focale qui è l’anima di Lulu, rappresentazione plastica degli abusi subiti dalla protagonista, porta per tutto lo spettacolo i segni del fango dal quale Lulu viene estratta all’inizio della vicenda. L’idea resta però piuttosto irrisolta e poco incisiva, anche nel finale, che vede Lulu non vittima di Jack lo Squartatore ma suicida sul coltello del fantasma del dottor Schön. E alla fine la domanda resta senza risposta: chi è davvero Lulu? 

Lo stesso si può dire anche della parte musicale. Il giovane direttore musicale del teatro Thomas Guggeis mostra un’indubbia perizia tecnica e un controllo notevole della complessa scrittura berghiana. Nemmeno in buca si coglie però il guizzo che riveli la vera anima di Lulu in questa lettura diligente e sempre piuttosto scolastica, nonostante si possa contare su uno strumento affidabile come la Frankfurter Opern- und Museumsorchester e per di più in un terreno a lei congeniale. Gli stessi limiti mostra anche la protagonista Brenda Rae, interprete di ottime dori vocali ma appiattita sul versante patetico del personaggio e troppo pulita per apparire credibile come “femme fatale” dall’anima nera. Servono bene i rispettivi ruoli tutti gli altri: dal solido dottor Schön di Simon Neal, all’esagitato pittore di Theo Lebow, al fragile (e piuttosto spaesato) Alwa di AJ Glueckert, alla Geschwitz fin troppo misurata di Claudia Mahnkee allo Schigolch ben poco grottesco di Alfred Reiter. Negli altri ruoli, ben disegnati sono soprattutto il ginnasiale della sempre brava Bianca Andrews e il cameriere di Michael Porter (che però è meno a fuoco negli altri ruoli). 

Pubblico piuttosto numeroso anche nell’ultima delle recite in programma. Qualcuno abbandona alla pausa, ma alla fine la risposta è calorosa. 

 

 

 

 

 

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