Le commiste complessità della rara Juive

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Recensione
classica
Gran Teatro La Fenice Venezia
Fromental Halévy
11 Novembre 2005
Non inizia subito il capolavoro di Halévy, presente due sole volte alla Fenice nel 1869 e nel 1879. Striscioni di protesta, volantinaggio fuori in campo S. Fantin e una raccolta di firme contro i tagli della Finanziaria sono l'ouverture all'entrata lesta sul proscenio del sovrintendente Vianello e del sindaco Cacciari che, avanti l'opera, tengono un discorso duro e coraggioso intorno all'insensibilità culturale del governo che, con i tagli al Fus (e per la Fenice si tratta di otto milioni di euro) rischia di compromettere se non di annullare metà delle produzioni programmate per il 2006, con grave rischio per tutti i lavoratori. Poi giunge un altro appello, registrato, dalla voce di Pizzi, che incoraggia la lotta, affinché la Fenice non sia frenata nella creatività per far tornare i conti che, secondo il Fus, paventano per ciascun teatro, la possibilità di un solo nuovo allestimento originale all'anno. Tutti comprendono, anche i numerosi stranieri di passaggio a Venezia; qualche facinoroso urla sguaiatamente. Si alza dunque il sipario sull'operona che, in virtù del Fus, è in realtà un allestimento del 1999 della Wiener Staatsoper, ripreso al Metropolitan nel 2001. Un titolo popolarissimo nell'Ottocento, lodato da Wagner e da Mahler, e citato nella "Recherche" di Proust, ma anche scaramantico, dato che fu l'ultimo cantato prima di morire da Caruso, Martinelli e Tucker, e prima della malattia da Carreras. Sembra quasi che la preziosa ripresa sfidi la jattura, pur continuando la Fenice quell'esplorazione dell'opera francese ottocentesca tanto cara al compianto marcello Viotti che ha caratterizzato le ultime stagioni. Aprire il cartellone con "La juive" significa portare in scena il conflitto interreligioso tra cristiani ed ebrei, rappresentato da un padre putativo, l'orefice ebreo Eléazar, e un padre vero, Brogni, un cardinale che prima di esserlo aveva avuto famiglia e prole. Scontro sociale tra religioni e tradimenti, doppio quello di Léopold principe dell'Impero, un cristiano, per giunta maritato, che ama la bella ebrea Rachel, la cui vera identità è il colpo di teatro finale: ella è la figlia naturale del cardinale Brogni, salvata da un incendio dall'ebreo Eléazar, ora condannata insieme a lui al martirio della caldaia in cui verrà bollita viva per essersi messa con un cristiano e avrlo denunciato. Un drammone del 1835 che sarà il modello di vendetta inesorabile adottato da Verdi nel "Trovatore". Le scene su due piani inclinati separano le vite delle rispettive case, dell'ebreo e del palazzo del principe Léopold (decorato da un enorme lampadario), in uno spazio atemporale, non hussita come vuole la tradizione, ma ascrivibile tra le due guerre. Costumi bianchi e bianconeri per i cristiani, funerei per gli ebrei che si apprestano nella casa-bottega a festeggiare il rito pasquale. Halévy, mettendo in scena fenomeni di persecuzione con abile mano musicale (si pensi agli effetti dell'incudine, alle due chitarre che accompagnano un'aria mesta, al corno inglese in un'altra aria, al monologo grandioso di Eléazar che richiama temi sinagogali, alla spettacolarità del grand-opéra), lascia stupefatto l'ascoltatore anche per l'uso insolito delle voci: Rachel soprano drammatico o mezzosoprano acuto (resa superlativa dalla voce robusta di Iano Tamar), Eléazar un padre-tenore dal corposo registro centrale (Neil Shicoff ha cantato, nonostante la laringite, come se non fosse di questo mondo, magnificamente, come un arcangelo o come un profeta stesso), Brogni basso dotato di un registro profondo (reso egregiamente da Scandiuzzi), Eudoxie soprano lirico-leggero (perfetta la precisione di Annick Massis), Léopold un tenore-contraltino (Bruce Sledge munito di facilità negli acuti). Masse corali e ruoli di fianco hanno amplificato gli intenti in questo straordinario successo, applauditissimo.

Note: Allestimento: Wiener Staatsoper

Interpreti: Neil Shicoff/John Uhlenhopp, Éléazar; Roberto Scandiuzzi/Riccardo Zanellato, Jean-François de Brogni; Bruce Sledge/Giovanni Botta, Léopold; Annick Massis, Eudoxie; Susan Neves/Francesca Scaini, Rachel; Vincent Le Texier/Vincenzo Taormina, Ruggiero; Massimiliano Valleggi, Albert

Regia: Günter Krämer

Scene: Gottfried Pilz

Costumi: Isabel Ines Glathar

Orchestra: Orchestra del Teatro La Fenice.

Direttore: Frédéric Chaslin

Coro: Coro del Teatro La Fenice.

Maestro Coro: Emanuela Di Pietro

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