La rock band migliore del mondo
Wilco a Torino in chiusura del minitour italiano
Recensione
pop
Sembrano americanissimi, gli Hazey Janes, eppure vengono dall’antica Dundee, in Scozia. A loro l’onore e l’onere di “riscaldare” il pubblico di Venaria in attesa che salga sul palco la “band migliore del mondo” (parole del cantante Andrew Mitchell).
Il pubblico apprezza, missione compiuta. [/i]
Ed eccola lì, finalmente, la rock band migliore del mondo (questa volta senza virgolette: è praticamente un dato di fatto), che sembra americana e lo è all’ennesima potenza. L’inizio è di quelli da tuffo al cuore, con una "Misunderstood" che, dall’alto dei suoi sedici anni non dimostrati, sa ancora emozionare come al primo ascolto e forse più. Ma Jeff Tweedy (all’inizio un po’ giù di voce, ma giusto il tempo di scaldarsi e si trasforma nel solito, perfetto – per quanto un po’ timido – animale da palco) e soci a fare i nostalgici non ci pensano nemmeno: ed è subito "Art of Almost", il pezzo più sorprendente dell’ultimo disco della band di Chicago, [i]The Whole Love[/i], che giusto un anno fa esordiva online e nei negozi a farci vedere di cosa ancora erano e sono in grado di fare questi ragazzi dell’Illinois.[/i]
Da lì in poi è una sfilza di poche parole (giusto qualche “grazie” di circostanza, tanto per riprendere fiato ogni due o tre canzoni) e tanti classici, recenti ("Whole Love", "Impossible Germany", con un grande, barocchissimo, quasi labirintico assolo di chitarra di Nels Cline), meno recenti (l’immancabile, dolcissima "Jesus etc.", che il pubblico, come di consueto, canta in coro) e preistorici ("Passenger Side", addirittura dal disco di esordio [i]A.M.[/i], del 1995). [/i]
Chiusura “dedicata” a Woody Guthrie con la trascinante "Hoodoo Voodoo": il duello di assoli di chitarra sarà anche un cliché della storia rockettara, ma funziona sempre alla grande. Serve altro per descrivere questa memorabile serata di rock’n’roll d’autore?
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