La fiaba dei Maestri Cantori
A Madrid Wagner con la regia di Laurent Pelly
È quasi un mondo fiabesco, fatto di casette di cartone, la Norimberga di Laurent Pelly, con le scene di Caroline Ginet, in questo nuovo allestimento dei Maestri Cantori di Norimberga, andato in scena al Teatro Real di Madrid. Di converso ad un siffatto ambiente idillico, quasi arcadico, il clima musicale che Pablo Heras Casado viene profilando è corrusco, a tinte forti, con una robustezza di suono a volte eccessiva.
È un allestimento che funziona perfettamente, con ottime soluzioni registiche e movimenti delle numerose masse: ambientazione primi ‘900, con i maestri cantori in posa come nelle foto d’epoca, gli artigiani con costumi popolareschi e un Walther in semplici maniche di camicia.
Il clima è da commedia. L’impostazione a tratti marcatamente ironica e scanzonata è improntata ad accentuare alcuni caratteri, primo o fra tutti quello del personaggio Beckmesser, al limite del grottesco, magistralmente impersonato dal baritono inglese Leigh Melrose. Così gli stessi maestri cantori, con le loro acconciature scarmigliate e in disordine, gli abiti impolverati e le pose ostentatamente ridicole, rivelano e simbolizzano la loro adesione acritica a un mondo vetusto fatto di regole e codici altrettanto arcaici. Se poi dal laboratorio Hans Sachs, impersonato dal basso-baritono canadese Gerald Finley, si vedono ammassate pile di libri ecco che la figura del calzolaio si viene caratterizzando come quella di un intellettuale, figura umanamente e teatralmente centrale dell’opera wagneriana, con tutte le sfumature di una personalità complessa, sia sul piano delle sue argomentazioni che su quello delle sue riflessioni più intime.
Una proposta registica in definitiva vivace e densa di spunti interpretativi ingegnosi, ‘rispettosa del libretto’, che tuttavia non si arrischia a delineare una visione ed a cercare di disvelare possibili letture ‘altre’, anche se comunque si vedono addensarsi sullo sfondo nuvoloni neri ad accompagnare lo sproloquio nazionalista finale di Sachs.
Fin dall’ouverture Pablo Heras Casado presenta un colore ed un volume orchestrale incisivo senza indugi che manterrà per tutta la durata dell’opera; c’è la visione di un discorso musicale, come quello del Wagner dei Meistersinger, dove tutto il gioco tematico e dei leitmotiv, perfettamente delineato, a volte sembra dispiegarsi come qualcosa di autonomo sulla narrazione teatrale.
Perfetta e possente la prestazione del coro madrileno. Nel cast vocale Tomislav Muzek nei panni dell’aristocratico Walther non convince pienamente, Nicole Chevalier nel ruolo di Eva emerge gradualmente per dare il meglio di sé nel terzo atto. Il Sixtus Beckmesser di Leigh Melrose, stante i tratti caricaturali del personaggio sa far emergere una bona qualità timbrica, estremamente musicale; così Gerald Finley sta perfettamente a suo agio nei panni di Hans Sachs, con un indubbio dominio del colore vocale unitamente al senso dell’espressione ad alle sue sfumature musicali: il più applaudito dal pubblico.
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